Quegli “storici scalzi” come il maestro Vitaliano

La ricerca storica su Roncegno dell’indimenticabile insegnante Modena rivisitata dagli storici Antonelli e Curzel

Sabato scorso nella sala della Cassa Rurale di Roncegno si è risentita un’espressione della Cina anni Settanta (quando si parlava di “maestri scalzi” o “medici scalzi”) con la quale lo storico Quinto Antonelli ha ricordato a 5 anni dalla morte l’insegnante Vitaliano Modena come “storico scalzo”, ovvero studioso che “condivide la vita della gente comune, raccogliendone la memoria”. Nella relazione scritta di Antonelli (impossibilitato a partecipare fisicamente al seminario di studi promosso dalla famiglia d’intesa con la Cassa Rurale) è stata rivisitata l’intera trilogia del buon maestro Vitaliano sulla Grande Guerra a Roncegno, territorio devastato in quanto “zona nera”, cogliendo un’empatica volontà di recuperare direttamente dai testimoni le ripercussioni sociali del conflitto nelle sue varie fasi: dall’epopea dei profughi, alle vicende dei coscritti fino alla ricostruzione postbellica. E la capacità di Modena di mettersi in ascolto delle fonti dirette (offrendo loro magari anche un aiuto nella trascrizione delle memorie) è emersa con quell’atteggiamento di umiltà e di discrezione che erano anche la sua cifra di educatore, come ha sottolineato il nostro direttore, Diego Andreatta, nell’introdurre la serata.

Antonelli ha evidenziato poi l’intenzione di Modena di documentare la costruzione della memoria pubblica della Grande Guerra, come “guerra di redenzione”, ed ha rilevato l’incapacità di tanti testimoni delle tragedie del Novecento nel comunicare il dolore alle generazioni successive. Per questo, secondo Antonelli, gli “storici scalzi” come Vitaliano Modena hanno avuto e possono ancora avere un ruolo decisivo nel “trasformare le memorie destinate a scomparire in una narrazione destinata a durare”.

Il medioevalista Emanuele Curzel, docente all’Università di Trento e, fra l’altro, nipote di Modena, ha rilevato l’importanza di concentrare la ricerca in un solo ambito ben circoscritto ma in modo approfondito, a conferma che per comprendere bene la grande storia è fondamentale “possedere a fondo in tutto il suo sviluppo la storia di una regione”, come dice lo studioso francese Lucien Febvre.

S’integrano con gli studi su Roncegno nel primo Novecento anche il volume dedicato all’esplosione del termalismo e quelli sulla storia dell’oratorio parrocchiale e della chiesa, che consentono di conoscere “il modo in cui una comunità ha interagito con il mondo nell’epoca in cui il mondo si è fatto più piccolo”. Sono dinamiche di sorprendente attualità: si pensi alla resistenza verso l’innovazione nei confronti della Ferrovia oppure alla posizione dell’associazionismo cattolico verso la diffusione del potere fascista.

Molti gli spunti che potranno essere approfonditi anche in futuro – lo hanno sottolineato anche il sindaco Mirco Montibeller, l’assessore Giulia Gilli e il direttore della Cassa Rurale Roberto Dandrea – come il patrimonio racchiuso nella ristampa del volume “Dalbere de oro” in cui Modena aveva raccolto fiabe e tradizioni valsuganotte insieme ai suoi studenti, alcuni dei quali presenti in sala. Un lavoro condotto secondo lo schema di rilevazione insegnato da Giuseppe Sebesta (amico di Modena, come il poeta Marco Pola) e oggi molto interessante anche per gli studi linguistici ed etnografici come ha puntualmente documentato la prof. Angelica Mottes nel suo intervento, animato dalle letture di Mario Costa in dialetto di Roncegno.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina