Arte a Venezia, il mondo che cambia

Nell’ampia proposta di questa 58° Mostra internazionale d’Arte a Venezia sorprende la presenza di un umile seguace di san Francesco, padre Sidival Fila, artista che espone qui le sue opere con un grande salto rispetto alla sua prima mostra a Frascati nel 2006.

Il suo è un mondo artistico di un simbolismo spaziale in cui i fremiti di ispirazioni ascetiche incantano e mandano messaggi di intensa spiritualità.

Prendiamo “Golgota”, l’opera predominante, in cui tessuti antichi, lini e sete, impongono il richiamo tragico e sublimante della Crocifissione. Questo polittico – largo 6,80 e alto 3,85 metri – presenta un’epifania conturbante dalla quale emanano passi di una ‘via crucis’ che fremono per una ascesa purificatrice.

In altre opere padre Fila immette la freschezza floreale che ci conduce a nuove rinfrescanti primavere.”E’ un modo – spiega l’artista religioso – di rappresentare l’estasi, quel momento sublime in cui lo spirito di una persona è in pieno contatto con sé e con il divino”.

Questa Biennale è curata dall’inglese Ralph Rugoff che ha scelto 79 artisti di ogni parte del mondo con la proposta di offrire a ciascuno due loro invenzioni artistiche che affrontino tematiche contemporanee: il fenomeno dei cambiamenti climatici, la preoccupante apparizione di nazionalismi che tendono a offuscare la democrazia, le piaghe economiche prodotte dalle disuguaglianze sociali e altre manifestazioni caratterizzanti il nostro tormentato quotidiano.

Ne sono chiari segni insiti nelle varie opere: ci turbano ad esempio i fili spinati sulle mura presentati nell’opera della messicana Teresa Margolles o la testimonianza sconvolgente del naufragio del traghetto Sewol nei mari di Corea di Lee Bul o il barcone ripescato dei nostri emigranti alle Corderie. Ancor più assillanti la raffigurazioni di macchine incombenti degli artisti cinesi Sun Yuari e Peng Yu che spazzano via l’uomo con i tormenti della loro invenzione e realizzazione artistica. Nobilitano invece l’opera nata dal cervello umano le testimonianze artistiche – anche questa è una novità nobilissima della Mostra – di molti artisti africani : i grandi dipinti del nigeriano Njideka Akunyli Crosby, le fotografie grondanti drammaticità e aspirazione redentrice della sudafricana Zanele Muholi, le pause idilliache e riposanti degli acquarelli della keniota Michael Armitageo, le problematiche istallazioni del sudafricano Kemang Wa Lehulere.

L’istallazione multimediale del turco Halil Altindere grida alto l’esaltazione alla libertà di pensiero e di azione, messe in discussione nella sua patria martoriata.

Altra novità di Venezia 2019 è il rilievo maggiore dato alle opere femminili rispetto a quelle maschili (43 donne e 38 uomini). Queste donne artiste immettono con forza le istanze di un loro inserimento nella società. Si veda ad esempio la mostra fotografica della sudafricana Zanele Muholi in cui l’identità di genere è conclamata con grazia, ma decisa conquista.

Per volontà del presidente Paolo Baratta le numerose mostre collaterali che fioriscono attorno a quella ufficiale debbono cogliere problematiche urgenti e propositive per illuminare il cammino di una purificazione collettiva. Significativa in questo senso la sezione dedicata alla scienza e alla tecnologia e al rapporto tra l’uomo e la macchina. Questa Mostra 2019 si caratterizza come una panoramica di opere orientate verso l’istanza di un rinnovamento dei nostri rapporti comunitari.

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