La città di Trento nel giro di neanche un trentennio è passata dai 102mila 124 residenti del 1990 ai 117mila 997 del 2017. Lo scorso anno, un nuovo nato su cinque era straniero
C’è un momento, nella storia recente del capoluogo, che segna il passaggio tra un prima e un dopo, ne caratterizza il cambiamento.
Correva la fine degli anni Ottanta, si entrava nei Novanta e in riva all’Adige “approdarono” 23 miliardi e 282milioni delle vecchie lire grazie ai cosiddetti “fondi Fio” (fondi per gli investimenti e l’occupazione) con i quali il centro storico venne rivoluzionato, trasformato nel “salotto” buono della città, selciato e palazzi rimessi a nuovo. Dall’asfalto si passò ai cubetti, ai lastroni in porfido, in forza dei quali, come titolava Vita trentina in un servizio di pochi anni fa, “Trento divenne città europea”. Forza dei simboli, e non solo, concretezza. Anche quella dei commercianti che protestarono a più non posso, attuarono “serrate”, ma questa è moneta corrente ogni volta che si mette mano a qualcosa fuori dalla porta del negozio. Era l’epoca in cui a palazzo Thun sedeva Adriano Goio dopo il quale arrivò Lorenzo Dellai destinato, anche, a “governare” l’insurrezione bottegaia.
A distanza di anni la bontà di quel progetto è ormai riconosciuta in quanto a vivibilità se non fosse che, a causa della valorizzazione degli immobili e il conseguente rialzo degli affitti dei piani terra, nel migliore dei casi molte attività siano state espulse dal centro, nel peggiore abbiano abbassato le serrande definitivamente, sostituite da catene nazionali e internazionali, le uniche nella disponibilità di pagare certe cifre per gli spazi. Con immancabile “impoverimento culturale” di un centro che per questo ha ben poco di peculiare e si è omogeneizzato a quello di tante altre città.
Gli anni Novanta segnarono inoltre forti “investimenti” urbanistici nei sobborghi, una riqualificazione dei centri storici (o centri di antica origine), che portarono in dote diverse infrastrutture pubbliche che mancavano. A distanza di trent’anni, gli scempi urbanistici degli anni Settanta, specialmente sulla collina est, non sono certo scomparsi e la “ricucitura” con il fondovalle, e tra i fondovalle, non appare comunque completata se il neo assessore comunale all’urbanistica Alberto Salizzoni sente la necessità di dichiarare pubblicamente, appena nominato dopo il recente rimpasto di giunta, che questo sarà il suo compito da qui al 2020, anno delle prossime elezioni comunali.
Gli anni Novanta, nella loro ultima parte, e i primi 2000, mettono nero su bianco un altro cambiamento epocale. La chiusura della Michelin di viale Sanseverino è la pietra tombale del manifatturiero cittadino (e provinciale), di quel processo di industrializzazione avviato nei Settanta e che portò dentro la fabbrica, che ne fu il simbolo, migliaia di operaie e operai anche dalle valli. E’ proprio lungo il fiume che, forse, si avverte maggiormente, quello che la città è diventata. Il quartiere delle Albere, e con esso il Muse, segnano fin nel paesaggio il passaggio dall’epoca della produzione a quella della conoscenza. Di cui l’università, con i suoi oltre 16mila studenti, è il simbolo. Che poi dell’esperienza operaia, segnata da lotte, vittorie e sconfitte, non rimanga nulla, se non “quattro” video dentro il Museo delle scienze dell’architetto Piano, fa pensare, e parecchio, sul valore, in questo caso negato, alla memoria.
Nel giro di neanche un trentennio Trento è passata dai 102mila 124 residenti del 1990 ai 117mila 997 del 2017. Lo scorso anno, un nuovo nato su cinque era straniero. Il 14,5% dei residenti è nato all’estero, quasi il triplo rispetto al 2000. Gli immigrati residenti (perlopiù provenienti da Paesi europei) sono l’11,3% della popolazione (nel 2008 erano il 9,6%). Sono sempre di più gli anziani. Secondo l’indice di vecchiaia, cioè il rapporto percentuale tra chi ha più di 65 anni e quelli che ne hanno tra i 0 e i 14, è passato da un valore di 136,7 nel 2008 a 162 dello scorso anno. Crescono i single, cioè i nuclei familiari composti da una sola persona, pari a ben il 40,3% del totale. “Sono aumentate le famiglie composte da un solo individuo – riflette l’annuario statistico comunale – le famiglie con due componenti sono sostanzialmente stabili mentre sono progressivamente diminuite quelle composte da tre e quattro componenti”. Dinamiche sociali comuni ad altre realtà urbane. In sintesi, una città sempre più multietnica e più anziana rispetto al passato. Alle cui esigenze rispondere tarando servizi ed opportunità.