Venezia racconta le guerre di oggi

Non è che i soldati russi che hanno invaso l’Ucraina siano tutti animati da intenti patriottici in nome della “grande madre Russia” come la propaganda del presidente Vladimir Putin vuole far credere, anzi. In tanti sono lì per soldi, altri neanche sanno dove sono, altri ancora denunciano senza mezzi termini di essere stati lasciati a sé stessi. La regista russo-canadese Anastasia Trofimova, parecchi doc alle spalle tra Medio Oriente, Africa ed Europa dell’est, lo mette su “pellicola” in “Russians at war”, documentario visto fuori concorso all’81esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia conclusasi nei giorni scorsi e che ha visto il trionfo di Pedro Almodovar con “La stanza accanto” (film che riflette sul fine vita) ma anche della bolzanina (nata a Laives) Maura Delpero che con “ Vermiglio” (in proiezione a Trento al Cinema Vittoria domenica 15 settembre alle 18.15) tratteggia un racconto intimo e personale ambientato in Trentino nell’omonimo paese della val di Sole, durante la Seconda guerra mondiale.

“Pur avendo realizzato un film contro la guerra – riflette Trofimova – mi rendo conto che, nell’attuale contesto geopolitico potrebbe essere soggetto ad attacchi che vanno oltre la sua portata. “Russians at war” non è un esame storico delle ragioni della guerra, ma una testimonianza in tempo reale di un lato finora sconosciuto”. A stretto contatto con i soldati a ridosso del fronte, senza chiedere autorizzazioni, che con tutta probabilità gli sarebbero state negate. Altrettanto sarebbe interessante fosse fatto sul fronte ucraino, oltre la propaganda che è di ogni conflitto, pur distinguendo tra chi ha invaso e chi è stato occupato.

Come sempre il festival veneziano ha anche rispecchiato la realtà. In “Of dogs and men” dell’israeliano Dani Rosenberg (un frame del film nell’immagine sotto) la sedicenne Dar torna, dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre, al kibbutz dove viveva alla ricerca del suo cane. È un espediente narrativo per una riflessione più ampia. “Ho amici palestinesi – commenta l’unico anziano rimasto a vivere nell’avamposto –. Come è possibile non trovare una soluzione per vivere tutti in pace?”. Mentre sul cellulare della ragazza scorrono le immagini dei neonati di Gaza massacrati dalle bombe fatte sganciare dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dai suoi ministri di estrema destra. “Abbiamo voluto onorare le esperienze di tutti coloro che sopportano le devastazioni della guerra – afferma il regista – sforzandoci di ritrarre la loro umanità in mezzo all’oscurità”. In Sudan, nel 2019, prima che scoppiasse la guerra tutt’ora in corso, tanti giovani scesero in piazza in nome della democrazia, contro un regime corrotto. Sono stati repressi e uccisi a centinaia. La regista Hind Meddeb, cresciuta tra Francia, Marocco e Tunisia, li riprende, raccoglie le loro voci, la loro rabbia in “Sudan, remember us”. “Questo film – afferma – racconta il tentativo, impossibile, di cambiare”.

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