Spelacchio, ultimo capitolino?

Roma – In principio era Pasquino … una statua di epoca ellenistica raffigurante un guerriero, rinvenuta nel 1501 dagli scavi dell’antico Stadio di Domiziano, presso Piazza Navona.

Le condizioni della scultura – in origine di ottima fattura – non le permettevano certo di rivaleggiare con i grandi esempi della statuaria classica e di venire esposta in un museo, sicché venne collocata in una nicchia abbastanza defilata nella vicina Piazza di Parione. Una statua – si direbbe oggi – un po’ “spelacchiata”. In quei pressi – narra la leggenda – vi era la bottega di Pasquino, personaggio famoso per la sua vena satirica e irriverente, soprattutto nei confronti del governo dello stato pontificio, e del potere tout court.

In breve il monumento venne ribattezzato col nome dell’ artigiano e divenne una “statua parlante”, ovvero un luogo dove il popolo soleva appendere nottetempo cartelli con proteste, invettive, lazzi e versi nei confronti dei rappresentanti dell’autorità temporale del papato.

Lo stesso potere che non censurò mai decisamente questa pratica, utilizzandola come valvola di sfogo sociale e come termometro per misurare gli umori del popolo romano, per poi prendere le decisioni politiche e ammnistrative conseguenti.

Pasquino è uno dei simboli e delle migliori espressioni di quell’anima tutta romana, portata per la satira e per un atteggiamento irriverente nei confronti del potere e delle sue più vuote ostentazioni, associata a una antica sapienza di governo che dell’intelligenza e dell’ironia popolare sa fare tesoro.

Un cronista di razza e maestro di ironia come Vittorio Zucconi, in un famoso tweet di fine novembre, battezzò l’abete natalizio eretto in piazza Venezia per volontà del Comune di Roma  col nomignolo di “Spelacchio”. Figlio delle rigogliose foreste di conifere della Val di Fiemme, a causa del “cambio d’aria” i suoi rami avevano perso gran parte del fitto parato di aghi verdi, non evocando più le “coste selvose” a corona del “puro bianco di cime nevose” per cui il Trentino va famoso.

Il resto è cronaca, con la malcapitata pianta assurta a fenomeno social e di costume (a livello planetario, grazie alla rete), addirittura scintilla di roventi polemiche politiche comunali sui costi del trasporto, oggetto e soggetto di tutta l’ironia più surreale che la realtà virtuale può generare. A chiusura e a sintesi di questa stagione la pubblicazione del libro “Pare che dorme… L’Iperbolica parabola di Spelacchio, l’abete più sfigato di Roma”, storia di questo effimero ottavo re di Roma, che in questi giorni ha trovato pace presso una azienda della sua originaria Magnifica Comunità di Fiemme, che lo ha trasformato in Baby little home, casetta in legno che consentirà alle mamme di accudire i propri bambini (magari addormentandoli con la storia di Spelacchio…).

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