“Potremo parlare della sua vita lontana dal palco”. “Non c’è vita lontana dal palco, è nella mia mente”. Maria Callas (1923-1977) trovava lì il senso stesso della vita ed è stata una delle più grandi cantanti liriche al mondo e della storia, scomparendo prematuramente a 53 anni dopo un’esistenza dedicata alla musica. Nelle sale dal primo gennaio, “Maria”, pellicola autobiografica diretta dal regista cileno Pablo Larraín e presentata in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, racconta la vita tra luci e ombre di Maria Callas, interpretata in modo credibile ma forse un po’ “freddo” dalla Premio Oscar Angelina Jolie.
Dopo “Jackie” (2016), sull’ex first lady Jacqueline Kennedy, e “Spencer” (2022), sulla principessa Diana, per Larraín è il terzo ritratto di donna celebre e dalla vita complessa del Novecento e in “Maria” la straordinaria soprano greco-statunitense fa i conti con il peso della fama, il ricordo dell’amore per il miliardario greco Aristotele Onassis e il desiderio di tornare sul palco, con vita e arte che si “confondono”, incarnando lei stessa il tragico destino delle protagoniste delle opere da lei interpretate.
Partendo dagli ultimi giorni di vita e utilizzando l’espediente di un’intervista per un film realizzata da un giornalista che è frutto dell’immaginazione di Maria – il giovane si presenta con il nome di Mandrax, il farmaco di cui lei abusa -, il regista ne ripercorre con vari flashback la parabola, da voce unica acclamata ovunque al declino. Tra scene in bianco e nero e a colori, il film è diviso in quattro parti, corrispondenti ad altrettanti “ciak” del film immaginario, ed entrare nella struttura pensata dal regista non è immediato: la psiche affaticata di Maria “proietta” ricordi nelle vie parigine e in casa, “saltando” tra passato e presente in modo non sempre fluido. L’atmosfera tra sogno, finzione e realtà punta a mostrare la vita isolata dell’artista, il suo essere non più “divina” ma vulnerabile e impegnata in prove di canto, ma solo per se stessa, fiera di scrivere lei il finale di una vita recitata in cui non è mai stata libera.
La colonna sonora non poteva che essere composta dalle arie più famose cantate da “la Callas”, rese in maniera realistica da Jolie, anche grazie ai costumi basati sugli abiti originali.
L’interpretazione dell’attrice americana restituisce la personalità di una donna ribelle e tormentata: il pianoforte spostato per tutto il film, instabile come l’umore di Maria, simboleggia il silenzio calato dopo l’ultima performance e Callas-Jolie è sola, circondata dalle “cure” affettuose di un cast italiano calato bene nel contesto: Pierfrancesco Favino è Ferruccio Mezzadri, fedele maggiordomo e autista, Alba Rohrwacher è Bruna Lupoli, la storica domestica, e in una breve apparizione Valeria Golino interpreta la sorella Yakinthi, l’unica che la invita a chiudere la porta del passato e vivere.