Lo portarono al patibolo steso su una scala portata da altri due condannati. Moribondo per le atroci torture delle Ss. Mario Pasi, il partigiano “Montagna”, medaglia d’oro al valor militare alla memoria, venne impiccato ad un albero al Bosco delle castagne, sopra Belluno, al tramonto del 10 marzo 1945, insieme ad altri nove. Ottant’anni fa. Aveva solo 31 anni, mancava poco alla fine della Seconda guerra mondiale e della Resistenza ai nazifascisti. In questi giorni, nella ricorrenza, domenica 9 marzo una delegazione dell’Anpi trentina (l’associazione dei partigiani) sarà a Belluno, sul luogo dell’eccidio, per la cerimonia in ricordo mentre il lunedì successivo (10 marzo), a Trento, verrà deposta una corona nell’omonima piazza (ore 10) e un’altra (ore 11,15) nell’atrio dell’ospedale Santa Chiara, dove lavorava come medico. Parteciperanno le autorità civili e militari ma anche le rappresentanze delle associazioni combattentistiche, dell’Anpi e dell’Ana (gli alpini).
Pasi, medico chirurgo, era arrivato a Trento da Ravenna, dove era nato, nel 1938, dopo aver vinto un concorso, per esercitare al vecchio Santa Chiara di via Santa Croce. In precedenza, come sottotenente, aveva partecipato alla campagna d’Albania. Attento ai più umili, maturò sempre più il suo antifascismo e raccolse intorno a sé i non molti aderenti e dirigenti comunisti trentini. Conobbe Ines Pisoni, di formazione cattolica, che gli rimase vicino fino all’ultimo, anche battendo a macchina quei fogli del periodico clandestino “Il proletario” che aveva ideato. Con l’Armistizio dell’8 settembre 1943 e l’occupazione tedesca dell’Italia Pasi decise di unirsi alle formazioni partigiane bellunesi. Quando venne arrestato, a novembre del 1944, alle due di notte, in una casa di Belluno, né i poliziotti italiani né le Ss a cui fu consegnato lo riconobbero. Lo scoprì un delatore, una spia che lo aveva visto in un casolare fuori città mentre aiutava una contadina a partorire. Le torture durarono quattro mesi. Pasi cercò di farsi arrivare in carcere del veleno per farla finita. Non parlò. Lo scrittore Mario Tobino, suo amico e compagno di studi a Bologna, così lo ricordava: “Aveva sortito dalla natura un cuore generoso e fedele, una limpida intelligenza”. Nel dopoguerra venne sepolto a Ravenna. Livia Battisti – figlia di Cesare, il socialista trentino impiccato per alto tradimento dagli austriaci durante la Prima guerra mondiale – terminato il conflitto pensò anche a Pasi, oltreché al fratello Gigino, per dare il nome alla Lega dei volontari del sangue che fondò nel 1947.