Nessuno può andarsene

Se manchiamo alla nostra vocazione rendiamo la Chiesa stessa più povera, più brutta e più traballante

"Qualcuno di voi potrebbe dire: ‘Senta Signor Papa, Lei non è uguale a noi’. Sì, sono come ognuno di voi, tutti siamo uguali, siamo fratelli!" E la piazza gremita non può non applaudire con un battimani scrosciante. Questo uno dei passaggi più significativi della catechesi che il Papa ha tenuto il 26 giugno scorso nell'ultima sua udienza del mercoledì prima della pausa estiva. Ho avuto la possibilità di ascoltare queste parole in Piazza San Pietro, a dieci metri da Francesco, nello spazio riservato ai disabili. È sempre un'emozione sentirsi parte di un popolo radunato intorno al successore di Pietro, a colui che ti deve confermare nella fede. Il tripudio delle folle davanti a qualche famosa autorità oppure a qualche star dello spettacolo o della musica non deve trarre in inganno perché spesso è soltanto un'estemporanea manifestazione di un sentimento destinato a esaurirsi in breve tempo. Occorre guardarsi dai deliri delle masse indistinte. Tuttavia questo non mi sembra il caso di una udienza papale che in fondo resta un momento di preghiera e di meditazione. Francesco però è capace di un passo ulteriore, quello cioè di rendere protagonista di qualcosa di grande ciascuna singola persona presente in piazza oppure collegata attraverso i mezzi di comunicazione. Si crea così per davvero una comunità.

In queste settimane il Papa continua la catechesi sulla Chiesa. Il pontefice venuto dalle periferie del mondo riesce meglio dei suoi predecessori a tradurre ardui e spesso sottili concetti teologici in parole semplici, quotidiane, immediatamente comprensibili. Il "signor Papa" è uguale all'ultimo cristiano, possiede la stessa dignità del povero più povero della terra. Questa è la Chiesa, in cui ognuno è fratello dell'altro. Vedere da vicino i gesti, la convinzione, lo stile, ascoltare dal vivo l'intonazione di voce di Bergoglio – flebile ma decisa, sommessa e vibrante, accesa quando deve sottolineare qualcosa – consente di cogliere la profondità di un uomo di Dio capace di coinvolgere il cuore dei presenti e non solo. Francesco, che comunque possiede un'invidiabile abilità retorica, fatta di silenzi, ripetizioni, parole dette a braccio, riesce con la sua stessa persona a evangelizzare, a essere cioè una buona notizia vivente.

Credo che oggi sia proprio provvidenziale avere un pastore in grado di narrare la bellezza della fede in Cristo e dell'appartenenza a una comunità di credenti. Far parte della Chiesa non vuol dire dover sottostare ad una autorità assoluta, dover credere in dogmi irrazionali e incomprensibili, dover ottemperare a regole e divieti che hanno fatto il loro tempo: significa invece credere nella presenza vivificante dello Spirito che unisce, accomuna, innalza, trasfigura.

Ancora Papa Francesco: "Nessuno è anonimo: tutti formiamo e costruiamo la Chiesa. Questo ci invita anche a riflettere sul fatto che se manca il mattone della nostra vita cristiana, manca qualcosa alla bellezza della Chiesa. Alcuni dicono: ‘Io con la Chiesa non c’entro’, ma così salta il mattone di una vita in questo bel Tempio. Nessuno può andarsene, tutti dobbiamo portare alla Chiesa la nostra vita, il nostro cuore, il nostro amore, il nostro pensiero, il nostro lavoro: tutti insieme".

Nessuna minaccia di scomunica per chi si allontana dalla comunità cristiana, nessun inferno dietro l'angolo, ma soltanto la constatazione che se manchiamo alla nostra vocazione rendiamo la Chiesa stessa più povera, più brutta e più traballante. Essere cristiani è bello perché risolleva da una condizione anonima e insignificante per portare addirittura alla grazia dei figli di Dio. Dobbiamo dunque sentirci parte di questa comunità. Non in contrapposizione con gli altri affermando che al di fuori della Chiesa non c'è salvezza: per chi si sente invece chiamato a questa appartenenza davvero non ci può essere altra strada che donare ad essa la vita, il cuore, l'amore, il pensiero, il lavoro. Non si può essere cristiani tiepidi e stanchi!

Francesco sembra insegnare come sia meglio non giudicare gli altri e non puntare il dito contro la cattiveria di un mondo molto lontano dalla fede, ma invece modellare la nostra vita agli insegnamenti e all'esistenza di Cristo. Scopriremo così quanto è bello lottare accanto ai poveri per una giustizia possibile, quanto dà gioia consolare gli afflitti, quanto appaga stare alla presenza del Signore insieme con i fratelli.

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