Il banchetto è pronto: dove sono gli invitati?

I lettura: Isaia 25,6-10a;

II lettura: Filippesi 4,12-14.19-20;

Vangelo: Matteo22,1-10

Quel genitore che dice sempre di sì alle richieste dei figli, non li rimprovera mai, dà loro tutto quello che domandano, piace di sicuro ai figli, ma non si può dire che sia un papà affidabile, una mamma responsabile. L’insegnante che lascia fare ai ragazzi tutto quello che vogliono, sarà senz’altro benvoluto, ma in quella scuola regna il caos e per quei ragazzi, l’andarci, è perdita di tempo. E che dire di quel medico che al paziente seriamente malato dice: “Vai pure a casa tranquillo: non è niente”? Forse piacerebbe anche a noi cristiani che, quando andiamo a messa la domenica, il Signore ci rivolgesse sempre complimenti, parole di approvazione e di consenso… ma non sarebbe né un buon maestro né un buon medico Gesù Cristo in tal caso. Sì, ci dice cose che a volte ci fanno piacere, ci consolano, ci incoraggiano; a volte invece ci rimproverano, ci fanno rizzare gli orecchi. Mai però tuona con linguaggio violento (come era solito fare con i farisei: “Guai a voi, ipocriti!”). No, ha molto rispetto Gesù nei nostri confronti: è un Maestro equilibrato, mai esagitato o nervoso. I suoi richiami critici, i suoi rimproveri, ce li fa con delle parabole. E le parabole sono storie che si ascoltano volentieri, poi alla fine chi vuol capire capisce: drizza gli orecchi, e magari dà anche una svolta alla sua vita, corregge certi suoi comportamenti (o almeno ci prova). Anche la prossima domenica Gesù ci parla con una storia, una parabola. Quale richiamo vorrà farci? Per avere la risposta occorre premettere un’altra domanda: cosa vuol dire essere cristiani? Si possono dare diverse definizioni, ma una tra le più azzeccate è questa: è come essere invitati a una festa, una festa di nozze. E da che mondo è mondo, se a un funerale si va di malavoglia, a una festa di nozze si partecipa volentieri.

Ebbene, aver fede, credere nel Signore, è accettare l’invito alla sua festa. Dio infatti da sempre ha avuto questo sogno: invitare tutta l’umanità a far festa con lui, e non una festa che dura un giorno, o una settimana; no, questa non finirà mai. “Il Signore preparerà su questo monte un banchetto per tutti i popoli… cibi succulenti…vini raffinati…!”. Quante volte nella Bibbia si parla di questo sogno di Dio! Anche la parabola della prossima domenica lo ripresenta: “Il regno dei cieli è simile a un re che fece una festa di nozze per suo figlio…”. Solo che qui cominciano le sorprese: “mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire…”. Che strano! E sì che era tutto gratis, non dovevano nemmeno preoccuparsi di portare un regalo agli sposi. “Allora il re mandò altri servi a rinnovare l’invito: “Venite… è tutto pronto!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono tutti dietro i loro affari; anzi, alcuni presero quei servi, li insultarono e li uccisero… Ah, ma qui non è più parabola, qui è storia, cronaca. Qui Gesù allude alla sua vicenda: lui è venuto a iniziare il Regno di Dio – una festa di nozze! – e per tutta risposta gli uomini l’hanno ucciso inchiodandolo alla croce.

E noi cosa c’entriamo con questa parabola? Quando Gesù la raccontò la prima volta, era agli ebrei, al suo popolo che si rivolgeva. Ma ora parla a noi, perché è vivo ed è presente in ogni nostra Eucaristia. Chiediamocelo pertanto: che tipo di invitati siamo noi? di quelli che accettano o di quelli che rifiutano? Non caviamocela col dire che inviti da parte di Dio non ne abbiamo mai ricevuti, né per posta, o cellulare, né per squillo di campanello alla porta… Gli inviti di Dio hanno sempre una forma molto normale, dimessa, semplice. Invito di Dio sono le campane che suonano la domenica per annunciare l’Eucaristia. O le occasioni di maturare e irrobustire la fede, attraverso iniziative di cui siamo a conoscenza. O ancora le frequenti provocazioni a uscire dalla nostra stretta cerchia per andare verso gli altri… Tanti e diversi sono gli inviti di Dio. E ripetuti: se gli diciamo no una volta, non desiste, non smette di invitarci ancora…

A un certo punto, però, può accadere che, a forza di voltare le spalle a tutti gli inviti, perdiamo l’occasione per sempre e subentrano altri al nostro posto. I servi di quel re andarono ad invitare tutti quelli che trovarono, buoni o cattivi, senza differenze; e così la sala di nozze si riempì di commensali. (Al che penso – e scusate il riferimento banale, ma non troppo – : anziché prendere posizione “contro le moschee”, non sarebbe più coerente riempire le chiese? Che senso ha “essere contro le moschee”… se le chiese si svuotano?).

La domenica successiva alla prossima sarà la Giornata Missionaria Mondiale. Prima che occasione di collette in denaro dovrà essere occasione di verifica: quell’invito alla Festa di Dio che i missionari portano nel mondo, noi l’abbiamo davvero accolto? E con che spirito?

Il Signore ci dà tempo, ha pazienza con noi. Ma la storia insegna che non è saggio abusare della sua misericordia e della sua pazienza.

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