Nel deserto in cerca di risposte

Una storia sbagliata del piemontese Gianluca Maria Tavarelli (6 film all’attivo ma ormai da qualche anno assente dalle sale) è un lavoro originale, almeno per il cinema italiano, perché riesce ad alternare efficacemente, anche visivamente, attraverso il montaggio, storia privata e pubblica. Protagonisti sono Isabella Ragonese (già ne La sedia della felicità, ultimo lavoro del compianto Carlo Mazzacurati) il cui esordio risale ormai a quasi una decina d’anni fa in Nuovomondo di Emanuele Crialese e Francesco Scianna (il bello “lanciato” da Tornatore in Baarìa e protagonista nel recente Latin Lover di Cristina Comencini).

Una storia sbagliata (titolo di una canzone di Fabrizio De André dedicata a Pier Paolo Pasolini, che Scianna canta durante una festa) tratteggia la storia di una giovane coppia siciliana, quella formata da Stefania e Roberto (Ragonese-Scianna) il cui rapporto viene messo in crisi dalle continue partenze di lui per missioni militari all’estero, delle quali, quando torna, non vuol parlare, incapace di comunicare stati d’animo e turbamenti. La pellicola svela passo dopo passo, scegliendo una grammatica che aggiunge elementi su elementi, procedendo per accumulo, la vera ragione per cui Stefania, infermiera pediatrica, parte alla volta dell’Iraq, Paese mai pacificato, sempre in guerra, di alta o bassa intensità che sia, dove dovrà assistere diversi bambini che, a causa di alcune malformazioni, sono emarginati dalla comunità. Certo, sarà l’occasione per “sperimentare” non solo la propria solitudine e guardare dentro se stessa, alla sua storia con Roberto, ma anche incontrarsi, e scontrarsi, con un’altra cultura, un altro mondo, che si immaginava diverso.

Ma sarà, soprattutto, il tentativo di capire, se mai è possibile, perché Roberto è stato ucciso da un kamikaze. Riuscirà a incontrare la moglie dell’assassino di suo marito. Un incontro, muto, tra due donne segnate dal dolore, che non hanno necessità di parlarsi, per comprendersi, attorno ad una ciotola di riso, in una povera casa nel deserto.

L’idea del film, ambientato tra Gela (in Sicilia), e Nassiriya (le riprese sono state fatte in Tunisia), nasce da un viaggio di qualche anno fa del regista in Iraq. A questo proposito, Tavarelli, che, dopo la prima serie, in autunno tornerà su RaiUno con Il giovane Montalbano, afferma che «si tratta di un tentativo di esplorare questi territori lontani attraverso una storia privata. Lo sceneggiatore Ugo Pirro diceva che per fare un film si deve partire da un’immagine. Per me quell’immagine è quella di un'auto che corre nel deserto alla ricerca di una risposta. Il nostro mondo è interconnesso, pare che lo spazio geografico sia stato abbattuto. In un mondo zeppo di conflitti siamo colpiti ogni giorno da immagini che ci arrivano da ogni parte. Visi, popolazioni, guerre, ci danno la sensazione di conoscere e capire. Ma non è così». .

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