Il bene Comune vale tutto il nostro voto

Che straniante vigilia elettorale! La Pasqua sembra già lontana, oscurata da droni che spezzano fragili tregue. E subito il lutto globale, la perdita di un Papa fratello di tutti…, ed ora lui che dal cielo sembra già benedire un dialogo ritrovato fra i grandi della terra.

Sembra di aver vissuto negli ultimi dieci giorni un’accelerazione del tempo, come se fosse trainato dalla velocità della papamobile che sabato ha percorso le vie di Roma (altro che “a passo d’uomo”). Forse era anche un desiderio di Bergoglio di uscire rapidamente di scena, finalmente a riposo nella casa della Madre, per lasciare ad altri (anzi: a noi tutti) la gioiosa responsabilità di prendere il testimone.

Pure in questo l’autore della fondamentale Evangelii Gaudium ha dimostrato di voler “avviare processi più che occupare spazi”. E i suoi ultimi insistenti appelli alla tregua, perfino l’offerta della sua malattia per la causa della pace – da noi scoperta nella lettura postuma del testamento spirituale – sembrano aver costretto i grandi della terra non solo a ritrovarsi “faccia a faccia” a Roma, ma anche a promettersi di non vanificare i suoi sforzi. Un modo per non tradire l’avviamento di percorsi di convivenza civile e di amicizia sociale è anche guardare con fiducia alla “chiamata alle urne” di domenica 4 maggio. Anche per l’eccezionalità di questa fine di aprile 2025 ci porta a dare un valore universale all’esercizio del diritto-dovere del voto.

Siamo stati liberati dalla dittatura ottant’anni fa, ora siamo in una democrazia (anche se “non è conquistata per sempre”, come ha ricordato il presidente Mattarella nel tormentato 25 aprile) e quindi dobbiamo eseguire al meglio il nostro compito di cittadini e di cristiani; contribuire per la nostra parte al Bene comune, anche andando a votare.
Recarsi alle urne – senza cedere alle sciocche sirene del disfattismo menefreghista ed egoista, che fa crescere l’assenteismo – è il primo modo per affermare il valore di un’appartenenza alla comunità: è ribadire che c’è qualcosa “che ci tiene uniti”, come evidenzia una recente pubblicazione curata dal gesuita padre Giuseppe Riggio.
Fra l’altro, il mancato raggiungimento del quorum in molti Comuni dove c’è un solo candidato sindaco porterebbe al Commissariamento: uno smacco per una comunità, che si manifesta incapace di governarsi.

Andando a votare – ditelo ai giovani più distratti, ma anche a troppi adulti disillusi – diamo fiducia ai “volontari” dei Consigli comunali, appoggiamo i loro programmi, spingiamo avanti la partecipazione. E il voto in un piccolo paese o in un sobborgo trentino vale quanto quello di un lontano Stato federale: in un mondo interconnesso quanto avviene nel nostro villaggio (il Covid lo ha insegnato, i fondi del PNRR anche) si ripercuote anche nelle popolazioni più lontane. E viceversa, come abbiamo visto la settimana scorsa, con i tagli di Trump allo sviluppo e all’opera delle nostre realtà di cooperazione.

Andare a votare è anche credere in un mondo più fraterno. Lo ha annunciato spesso il Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” che così diceva ai sindaci italiani nel 2017: “Per abbracciare e servire questa città serve un cuore buono e grande, nel quale custodire la passione per il bene comune. È questo sguardo che porta a far crescere nelle persone la dignità dell’essere cittadini. Promuove giustizia sociale, quindi lavoro, servizi, opportunità. Crea innumerevoli iniziative con cui abitare il territorio e prendersene cura. Educa alla corresponsabilità”. Buon voto!

vitaTrentina

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