Il dolce anfibio parla d’amore

Con la sua storia di sparatorie e buoni sentimenti “La forma dell'acqua” ha vinto l'Oscar riscuotendo anche il gradimento del pubblico

In un mondo dove la politica cavalca i venti della paura innalzando i muri dell’esclusione, l’Oscar come miglior film e miglior regista a “La forma dell’acqua” di Guillermo del Toro, sull’amore “liquido” tra una giovane donna muta e un affascinante mostro marino, ci appare come un barlume di speranza, lontano ma pur sempre barlume.

Sono statuette che hanno messo tutti d’accordo: del Toro, infatti, per la sua fervida immaginazione molto messicana e per il suo straordinario modo di fare cinema, piace molto ai giovani di Hollywood, quindi del mondo. “La forma dell’acqua”, invece, è un film che fin da subito, ultimo Leone d’Oro a Venezia, è piaciuto al grande pubblico e alla critica: ora con  l’Oscar diventa la storia d’amore simbolo dell’anno.

Il film è ambientato in un clima di massima tensione, ovvero durante la guerra fredda del 1962 a Baltimora, in un laboratorio militare super controllato dove si fanno esperimenti strani e pericolosi.

Elisa, interpretata da una espressiva Sally Hawkins, è una donna chiusa e intrappolata nel suo mutismo. Un giorno in un laboratorio segreto incontra una strana creatura antropomorfa, di rara sensibilità e intelligenza, che sia gli americani sia i russi vogliono catturare per studiarla, analizzarla e sezionarla.

Elisa e il mostro si innamorano a prima vista, nessuno dei due parla ma tra loro nasce un feeling, un’empatia, un’intesa che solo l’amore conosce.

Come dice lo stesso regista presentando il film: “Quando si crede all’amore, temiamo di apparire ingenui e perfino falsi. Ma l’Amore è reale, assolutamente reale; e, come l’acqua, è la forza più gentile e più potente dell’Universo. È libero e senza forma fino a quando non fluisce nel soggetto al quale è destinato, fino a quando non lo si lascia entrare. I nostri occhi sono ciechi, ma lo stesso non si può dire della nostra anima. Riconosce l’amore in qualsiasi forma arrivi a noi.

L’amore tra Elisa e il giovane mostro ne è la dimostrazione, perché l’amore non ha forma e si insinua ovunque, come l’acqua.

“La forma dell’acqua” però non è soltanto un film d’amore, anche se fino ad un certo punto sembrerebbe, perché improvvisamente, secondo lo stile imprevedibile del regista messicano, il film ha una virata spy story mozzafiato.

Elisa infatti, sentendo che il suo mostro amoroso è in pericolo, conteso dai russi e dagli americani, decide di salvarlo dalle grinfie dei servizi segreti con l’aiuto di Zelda, la sua unica amica afroamericana, e Giles, un disegnatore omosessuale emarginato sul lavoro.

Così dall’amore si passa alla suspense, agli inseguimenti, alle sparatorie e alle dita in cancrena di Richard Strickland, interpretato da Michael Shannon, un crudele poliziotto, il vero mostro della storia, che con la sua feroce determinazione rende la spy story molto splatter.

Alla fine, per fortuna, i buoni: avranno la meglio ed Elisa e il dolce anfibio si disperderanno nell’acqua.

L’amore trionfa e abbatte i muri e le barriere delle differenze, includendo e avvolgendo; ultimamente solo sul grande schermo, ahimè, mentre nella realtà rimane l’odore malsano delle dita incancrenite dei cattivi e delle ventate retrograde di questi tempi.

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