Un’epifania tra i senzatetto di Milano

È uscito in sala a Natale, com'era giusto fosse, ma non so quante sale lo abbiano accolto, perché Pane dal cielo di Giovanni Bedeschi non corrisponde ai canoni usuali del cinema, quello che attira il pubblico. Il film è stato presentato come un “social movie”, perché nasce dall’esperienza di volontariato del regista che nella vita fa il pubblicitario, ma da 12 anni presta anche servizio alla mensa dell’Opera San Francesco di Milano, in corso Concordia. Però è qualcosa di più.

È una parabola di Natale o, ancora meglio, è una piccola epifania contemporanea. Una cometa che, in mezzo ai depistamenti del mercato che di anno in anno si fa sempre più arrogante, ci guida alla riscoperta del significato più autentico e misterioso del Natale.

La storia è presto detta. Due senza-tetto di Milano, Lilli e Annibale, la notte di Natale dentro un cassonetto dell'immondizia trovano un neonato avvolto in una coperta. Lo portano all'ospedale più vicino, ma dentro la coperta il personale medico e para-medico non vede niente. Allora lo portano con sé, in un capannone a Lambrate dove hanno trovato rifugio altri diseredati come loro, che vedono e si prendono cura del bambino. Intorno a lui e a questi genitori adottivi sui-generis si crea una sorta di comunità e un movimento di persone che vengono a vedere l'evento. Ma non tutti vedono. Né tra i “normali” abitanti di Milano, né tra i religiosi, neppure tra i barboni. Alcuni sì, altri no. Che cosa fa la differenza? E che cosa porta questo bambino a quelli che lo vedono? Perché sembra riaprire le loro vite?

Il film non dà risposte. Il regista si limita a mostrare il volto quotidiano, ma anche invisibile, di una metropoli come Milano, dove “vivono” tredicimila senza-tetto, molti dei quali italiani. Ci mostra il volto quotidiano di questi barboni, che in passato sono stati come gli altri, hanno avuto una famiglia e un lavoro, e poi qualcosa li ha fatti precipitare nella mancanza e nella dipendenza. (Notevole la prova interpretativa offerta da Donatella Bartoli e Sergio Leone nei panni di Lilli e Annibale).

Ma la cosa più sorprendente è il volto quotidiano di questo bambino che non fa nulla di diverso da ciò che può fare un bambino di forse nove mesi, eppure risplende in mezzo alla precarietà più misera e la riapre alla speranza, a una vita che è nuova ma al tempo stesso è assolutamente quotidiana. E chiede anche a noi spettatori, a ciascuno di noi, personalmente, se riusciamo a vederlo, oppure no.

In Trentino Pane dal cielo è stato proiettato dalla Sala della Comunità di Volano. Ma merita di essere ripreso in altre situazioni e occasioni come meditazione sull'epifania di Dio che nasce ancora, anche quest'anno, in mezzo agli uomini.

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