Lo Spirito e la legge

At 15,1-2.22-29

Salmo 66 (67)

Ap 21,10-14.22-23

Gv 14,23-29

Sono convinto che lo Spirito agisce nel mio cuore, mi indica le strade da percorrere per vivere fedelmente la Parola di Gesù o penso che mio compito sia solo obbedire osservando le leggi e una tradizione senz’anima? So ascoltare, dialogare, pregare per poi intraprendere, se ce ne fosse bisogno, qualche nuova strada?

Il brano del Vangelo che la liturgia ci propone in questa sesta domenica di Pasqua, ci parla in un certo senso di quella che è la missione dello Spirito santo nella Chiesa e nei singoli credenti: insegnare e ricordare. «Vi ho detto queste cose mentre sono ancora con voi. Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio none, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io ho detto» (Gv 14,25–26). Un esempio di come lo Spirito dona il suo insegnamento, ci viene narrato nella prima lettura: nella comunità di Antiochia era sorto un problema nuovo, inedito, che andava risolto. Siamo nei primi decenni del cristianesimo. I primi a riunirsi e a credere alla Parola di Gesù furono gli Ebrei. Ma poi anche pagani, cominciarono ad accoglierla, grazie alla predicazione degli apostoli e dei discepoli. Fu proprio l’adesione di questi non ebrei che fece sorgere il problema riguardante la tradizione ebraica. In poche parole ci si chiedeva se fosse necessario che chi si convertiva al cristianesimo, osservasse anche la legge ebraica. Gesù era ebreo e la aveva osservata, talvolta criticamente. La discussione che nacque non fu di poco conto, ma portata avanti con franchezza e coraggio. Alla fine «è parso bene allo Spirito santo e a noi di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime» (At 15,28-29). Il tono di questa decisione non vuole essere ultimativo; lascia spazio al dubbio e alla possibilità di un ulteriore approfondimento della questione. I discepoli di Gesù si sono affidati all’azione dallo Spirito e all’ascolto della sua voce. Per loro è certamente importante ricordare quello che Gesù ha detto e ha fatto per rimanere fedeli a quanto hanno vissuto, noi diremmo, alla tradizione. Rimanervi fedeli è per loro motivo di rendere presente nella concretezza della vita e in mezzo alla loro comunità il Signore Risorto. Ma non si possono imporre ad altri pratiche ancestrali! E lo Spirito insegna che questa tradizione è viva, «non cristallizzata o stagnante, ma aperta alle novità, alle nuove esigenze della storia…». Ogni generazione deve attrezzarsi a riformulare la fede secondo le mutevoli e continue esigenze della cultura in evoluzione.

Oggi è facile avvertire la distanza tra i modelli utilizzati dalle chiese nel loro insegnamento e quelli usati quotidianamente dagli uomini a cui si rivolge. È quanto mai evidente la lontananza, vorrei dire siderale, tra un certo linguaggio ecclesiale e il linguaggio della gente comune. Dagli inizi della Chiesa e in tutta la sua storia la presenza dello Spirito che ricorda e insegna non è mai venuta meno. Può darsi però che l’espressione «lo Spirito santo e noi» abbia perso la sua forza e conseguentemente sia mancata la necessaria apertura alle novità e alle mutate esigenze della storia. Non abbiamo capito ad esempio quanto sia importante, decisivo e bello vivere lo Spirito che dimora in tutti noi. Ne «abbiamo fatto una riserva per alcuni» (A. Casati). Abbiano pensato che solo dei privilegiati, e non tutti i cristiani, potessero accogliere dentro il cuore lo Spirito, ma già S. Gregorio Magno avvertiva che «l’ultimo credente può interpretare la Parola di Dio come la interpreto io». E il monaco Benedetto Calati amava ricordare che «c’è il magistero dello Spirito santo che inabita nel cuore di ogni fedele. E questo è il magistero vero. Gli altri sono possibili come servizio». Noi non siamo stati abituati all’ascolto di questo magistero dello Spirito. E probabilmente rischiamo che la stessa Parola di Dio diventi sterile e la Chiesa un luogo dove rischia di mancare il respiro. Senza lo Spirito nulla è possibile, se invece rimaniamo docili alla sua voce, come i cristiani di Antiochia «riusciamo a fare una cosa che è più di una rivoluzione, di un cambiamento molto forte; ma al centro ci deve essere lo Spirito santo e non la legge» (Papa Francesco).

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