Padre Pachi, missionario trentino a Lima, conosce papa Leone XIV. L’ha incontrato quando era vescovo ausiliare e Robert Francis Prevost a capo della diocesi di Chiclayo. “Non c’era un’amicizia personale, perché Chiclayo è molto distante da Lima. Sta più a nord. Nel 2022 lo incontrai in occasione della 35esima convenzione nazionale delle scuole cattoliche, che ebbe luogo a Chiclayo, e a cui presi parte in qualità di assistente spirituale per l’educazione cattolica”, racconta padre Pachi, al secolo Adriano Tomasi, che opera in Perù dal 1968. “Abbiamo avuto modo di incontrarci durante quei tre giorni, concelebrare le Sante Messe e poi trattenerci insieme per colazione e per qualche dialogo fraterno. Naturalmente il tema principale delle nostre conversazioni era l’educazione in Perù, che incontra molte difficoltò, soprattutto perché è un Paese grande e ci sono molte regioni nelle Ande che sono trascurate”.
La prima impressione è stata positiva. “L’ho sempre trovato molto fraterno e molto semplice. Credo veramente che si sia formato nella missione, soprattutto negli anni passati nella parte più a nord del Perù, Chulucanas, con persone molto affettuose e semplici. Si trovava bene con tutti. E si è fatto voler bene da tutti“, racconta padre Pachi. Sono positivi i ricordi che Prevost ha lasciato di sé in Perù. “Ha lasciato il ricordo di un vescovo fraterno e popolare, che sapeva sempre stare con tutti e che faceva amicizia con la gente più umile e con i bambini. Al tempo stesso, però, è stato anche un vescovo che come sacerdote – proprio come Agostino – fu un professore del seminario di Trujillo, con una capacità e una preparazione filosofico-teologica molto grande”.
Secondo padre Pachi Leone XIV, a dispetto del nome, porterà avanti le idee di Francesco, che “lo conobbe quando ancora era superiore generale degli Agostiniani e lo apprezzò, affidandogli anche incarichi importanti”. “Penso che i cardinali lo abbiano eletto così in fretta perché hanno visto in lui il continuatore del programma e dei sogni di papa Francesco“, riflette padre Pachi. “L’abbiamo sentito anche dalle sue prime parole. Ha parlato di pace, ripetendo questa parola ben cinque volte. Credo che porterà avanti il programma e le riforme di Francesco, avendo però forse anche un’altra visione teologica ed altre aspettative. Ha parlato molto di sinodalità, ma soprattutto di comunione e di ponti da creare“.
Dalla sua, il nuovo vescovo di Roma ha la conoscenza del mondo e delle lingue. “Anche se non è stato cardinale a lungo, si è preparato bene nel governo della Chiesa nei 12 anni in cui è stato superiore generale del suo ordine religioso. In quegli anni ha visitato le comunità agostiniane di tutto il mondo: è stato in Russia, in Africa e in Australia. Parla cinque lingue correttamente, ed è sempre riuscito ad entrare in contatto immediatamente con le persone”.
Di sicuro non lo spaventeranno le avversità. “In Chulucanas, una zona agricola dove la gente lavora sotto il sole e sotto la pioggia, non ha mai abbandonato la sua comunità. Viveva con loro. Anche quando ci sono state inondazioni, lui è sempre rimasto parte di questa comunità. Questa preparazione missionaria lo aiuterà a costruire una Chiesa che ha una preoccupazione speciale per i migranti, i poveri, gli ammalati e in generale i più vulnerabili. Aspettiamo con fiducia di vedere le prime scelte che farà, ma abbiamo molta speranza che porti valori di umanità e di universalità nella Chiesa. Che Dio lo accompagni e lo aiuti, perché è una missione molto grande e difficile in un tempo straordinario e in un mondo così diviso e senza ponti, senza amicizia, fraternità e giustizia”.