“Un benessere un po’ meno diffuso”, presentata l’indagine delle Acli Trentine sui redditi relativi al 2023

“Un benessere un po’ meno diffuso”. È il titolo dell’indagine delle Acli Trentine e dell’Istituto di Ricerche Educative e Formative (IREF) sui redditi nella provincia autonoma di Trento nel 2023. Un’indagine che sottolinea il divario tra le persone che abitano nelle periferie della provincia e chi abita in città, ma anche tra le persone residenti in Trentino nate all’estero e chi è nato in Italia.

“Si conferma un trend di progressivo peggioramento, che riguarda da una parte la popolazione immigrata, dall’altro il divario tra ciò che chiamiamo montagna – e che indichiamo erroneamente come periferie – e la città. Un divario che preoccupa, perché l’autonomia che abbiamo significa prima di tutto presidio della montagna”, ha sottolineato il presidente delle Acli Trentine Walter Nicoletti.

Il report statistico presenta i dati riferiti ai redditi familiari ricavati all’interno delle 81.959 dichiarazioni dei redditi presentate per l’anno fiscale 2023 tramite la rete dei Caf Acli del Trentino, all’interno dei quali è stato ricavato un panel di 36.101 famiglie che per cinque anni consecutivi hanno presentato la dichiarazione dei redditi presso i servizi delle Acli Trentine.

Un primo dato sottolineato dall’indagine riguarda la differenza tra reddito medio percepito tra la popolazione residente e coloro che sono nati all’estero. Calcolando il reddito medio, il dichiarante nato in Italia dichiara mediamente la cifra di 26.896 euro annui, contro una media dello straniero di 19.825 euro: 7071 in meno, pari al 26% di differenza.

Dall’analisi dei dati si nota immediatamente come, passando dai comuni centrali verso i comuni periferici, il reddito medio familiare diminuisca. In particolare, si passa dai 42.000 dei redditi familiari di chi è domiciliato nei comuni centrali ai 37.000 dei comuni intermedi ai 33.000 dei comuni periferici, con una differenza di quasi 9.000 euro rispetto ai comuni centrali (-21%). Una classificazione che risulta particolarmente significativa per la provincia di Trento, dal momento che quasi il 50% dei comuni della provincia sono classificabili come aree montane.

Un ulteriore dato è relativo all‘impoverimento dei ceti medi. Nel modello 730/2020, il 62% dei dichiaranti rientrava all’interno del ceto medio, a fronte di un 31% di dichiaranti di famiglie appartenenti al ceto più basso. (E un 7% a quello più benestante). Nella dichiarazione 730/2024 le famiglie di contribuenti trentini appartenenti al ceto medio sono scese dal 62% al 58%, e il ceto inferiore è passato dal 31% al 36%.

Inoltre, comparando il reddito medio familiare della provincia di Trento (26.900 euro circa) con quello rilevato dalla media nazionale (26.443), si nota come la differenza sia minima: si parla di appena 500 euro all’anno. “Non c’è più una differenza marcata tra vivere in Trentino come provincia autonoma e vivere in una regione ordinaria“, ha rimarcato Nicoletti. “Non lo leggiamo come la mancanza di un privilegio, perché siamo sempre stati convinti che avere l’autonomia è una forza in più, anche una responsabilità, una consegna che deve sempre tradursi nel fare di più e meglio. E il fatto che non ci sia più questa differenza ci deve preoccupare”.

Nicoletti ha rinnovato un appello alla politica trentina: “Per far fronte al crescente problema della povertà urgono politiche attive per il lavoro, una politica seria per la ricerca della casa a partire dalle imprese sul territorio e una politica di seria integrazione, perché in alcuni settori non si trovano lavoratori. Articolare una seria politica di risposta può aiutare il Trentino ad affrontare un momento difficile della sua storia”.

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