Meloni come Bismarck, giocoliere con tre palle

La prima pagina del quotidiano “Il Sole 24 Ore” di martedì 17 giugno

La riunione del G7 in Canada testimonia una volta di più che siamo in una situazione fuori controllo. Nessuna delle crisi, neppure quelle meno impattanti rispetto a ciò che calamita l’attenzione generale, viene messa sotto controllo, anzi neppure si tenta di farlo: basta guardare alla situazione dell’Africa con i molti problemi che la attraversano a cominciare da quelli della Libia, paese per noi di grande importanza.

Sarebbe ingiusto sostenere che il governo non se ne stia occupando per nulla, perché gli apparati fanno costantemente quel che possono, anche se non viene data pubblicità (giustamente) alle azioni e alle presenze. Però l’opinione pubblica non viene coinvolta nel comprendere il quadro dalle forze politiche in tutt’altre faccende affaccendate, a dispetto del famoso piano Mattei per quel che riguarda la maggioranza, e nonostante le pretese di agitazione moralistica sulla politica estera da parte dell’opposizione.

La realtà è che in questo frangente diventa sempre più chiaro che è saltato il progetto, che fu tipico di quanto emerso dopo la Seconda Guerra Mondiale, di un governo mondiale generale dei conflitti. Il tramonto dell’ONU come sede per realizzarlo ha ormai una storia lunga, ma è venuto meno anche il concerto fra le principali potenze per tenere sotto controllo le aree di tensione. Finito da tempo il condominio USA-URSS, rivelatosi impossibile il predominio degli USA come grande regolatore in dialogo con Cina e Russia, constatata la difficoltà di trasformare la UE in un attore di peso universale, tutto sembra procedere nella logica (si fa per dire) di un neo imperialismo che scatena una specie di lotta universale senza regole.

La domanda che sarebbe necessario porsi è quale possa essere il posto dell’Italia in un simile contesto. Innanzitutto, sarebbe da chiedersi in quale settore del quadro voglia o le convenga collocarsi: nell’Europa? nel sistema “atlantico”? rincorrendo una posizione di non allineamento? Sono questioni che le classi politiche, ciascuna col suo seguito di clienti e supporter, si pongono, ma lo fanno per lo più in modo retorico e velleitario senza avere alle spalle solide riflessioni ed analisi.

Il governo è naturalmente favorito dal fatto di disporre degli apparati istituzionali: sistema diplomatico, militare, economico, gli forniscono elementi di conoscenza. Si può interrogarsi su quanto questi siano adeguati (la maggior parte lo sono almeno abbastanza) e su quanto siano influenzati sia dalla volontà di compiacere il governante di turno sia da quella di indirizzare le scelte politiche secondo una loro visione, ma rimane che chi siede a vario titolo nell’Esecutivo è in posizione avvantaggiata. Naturalmente a meno che, come accade con qualcuno, non sia un populista demagogo convinto di saperne, come suol dirsi, una pagina più del libro.

La presidente Meloni è stata abile nello sfruttare la peculiarità della sua posizione per provare a costruirsi una immagine di statista impegnata nella politica estera. La sua debolezza è nel non saper mettersi alle spalle un fardello di ideologie avventuriste/futuriste che le arrivano dal suo passato e che vengono alimentate da una cerchia di collaboratori di varia provenienza. Questo la spinge a voler tentare il gioco dell’asso pigliatutto: essere al contempo atlantista con Trump che atlantista non è più (ammesso che lo sia mai stato), europeista che tiene posizione con il nucleo dei “volonterosi”, ma senza rompere con gli sgangherati sovranisti, e addirittura fare qualche volta la parte del non (troppo) allineato per guadagnare qualche altro spazio.

Se volessimo buttarla in una battuta, le si potrebbe applicare l’immagine che fu appiccicata a Bismarck e alla sua politica internazionale: il giocoliere con tre palle, di cui una sempre in aria. Evidente che prima o poi sarà necessario razionalizzare la nostra posizione. Sarebbe compito dell’opposizione spingere in questa direzione e non solo per ragioni di solidarietà nazionale, ma anche di tornaconto, perché una operazione di quel tipo metterebbe in non poche difficoltà la maggioranza.

Il fatto è che l’opposizione ha le stesse difficoltà della maggioranza nel trovare una linea razionale al suo interno, vittima com’è degli estremismi massimalisti abbondantemente presenti nei suoi ranghi senza avere per di più un sistema di “think tank” che la aiutino ad elaborare una analisi realistica e non ideologica della caotica situazione internazionale.

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