Riaprire come? Ci pensa il Consiglio Pastorale

“Riaprono le chiese”, abbiamo titolato nel numero scorso. In verità, più corretto sarebbe stato scrivere “possono riaprire” perché nella nota diocesana che consentiva la riapertura dal 30 aprile “per la sola preghiera personale” delle chiese trentine erano indicati precisi accorgimenti necessari a garantire la tutela della salute dei fedeli. E giustamente – prima di riaprire i battenti delle loro chiese che erano chiuse dal 18 marzo – le comunità si sono interrogate per verificarne condizioni ed esigenze.

Un nostro monitoraggio ha consentito di verificare che quasi dappertutto la scelta è stata condivisa in modo collegiale convocando in videochiamata gli operatori pastorali presenti nei vari consigli (ormai anche la collegialità passa dalle varie piattaforme digitali): una sinodalità necessaria e forse anche esemplare. C’era in primo luogo da ottemperare a come garantire all’ingresso l’igienizzazione delle mani, come garantire la distanza di almeno un metro, fa rispettare l’obbligo della mascherina. Ed a molti “consiglieri” è parso vincolante e opportuno il criterio di avere una persona in grado di “vigilare” sul rispetto delle norme.

Poi è arrivata la decisione che è stata ben diversa – ed è normale che sia così – a seconda dei contesti: in alcuni casi si è scelto provvisoriamente di non aprire le chiese (come documentiamo in questa pagina), non potendo garantire questi requisiti; in altri casi si è scelto un orario di apertura limitata, come hanno fatto molte parrocchie della zona pastorale di Trento (l’orario è disponibile nel sito diocesano ); in altre Unità pastorali o Zone pastorali si è scelto di chiuderne alcune e aprirne altre più centrali, collaborando per l’apertura parziale in una sorta di pianificazione di zona. “Abbiamo un quadro quindi variegato, a macchia di leopardo – osserva il vicario generale don Marco Saiani – ed è comprensibile perché le scelte locali sono state assunte dagli organismi pastorali sulla base di motivi legati alla loro specificità”. E gli esempi potrebbero essere molti: chi ha individuato una chiesa centrale da tenere aperta, chi ha preferito prendere tempo per costituire una rete di volontari, chi è stato condizionato anche dall’età delle persone disponibili. Non c’è dubbio che in molti attendono anche quando a livello nazionale (sulla base del nuovo “distensivo” accordo tra Cei e governo) si potrò tornare a celebrare le Messe: ne hanno parlato anche i vescovi del Triveneto riuniti nella riunione in streaming del 6 maggio in cui hanno affrontato in generale la ripresa delle attività pastorali nel rispetto della fase “.

Un’ultima indicazione riguarda i funerali: nella diocesi di Trento che già aveva concordato con l’Azienda sanitaria una breve liturgia di commiato la scelta di allargare fino a 15 partecipanti (non c’è obbligo di misurare la temperatura) non ha creato difficoltà anche perché, essendo su territorio comunale all’aperto, è compito dei funzionari comunali garantire il rispetto della sicurezza.

Quest'articolo fa parte della rivista anno 82 - n° 11
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