La Provincia cerca di neutralizzare il calo delle risorse

Fa un certo effetto, girando negli uffici della Provincia, sentirsi ripetere che «ci sono pochi soldi», un’affermazione del tutto normale in molti enti pubblici ma decisamente insolita in piazza Dante, almeno fino a qualche anno fa. Che è successo, dunque, per suscitare questa idea di scarsità nel palazzo che rappresenta una delle autonomie più floride d’Italia?

È successo che dal 2014 il «Patto di garanzia» con il Governo ha ridotto il livello finanziario attribuito alle Province autonome e alla Regione, e ciò per fini di «perequazione e solidarietà» con il resto del Paese.

Ne abbiamo già parlato su Vita Trentina: poco più di un decimo del gettito tributario provinciale, dei nove spettanti per statuto, è trattenuto ogni anno a tale scopo, circa 400 milioni, in parte assorbiti dalla Regione. A questo si aggiungono oggi altre due insidie: l’esaurirsi dei gettiti tributari arretrati (367 milioni nel 2020) che decresceranno nel triennio fino ad azzerarsi; e la riduzione della pressione fiscale a livello nazionale (con misure quali il «bonus 100 euro», la proroga dell’iper e del super ammortamento, la riduzione della cedolare secca sugli affitti e l’abolizione della «mini Ires») che deprimerà i gettiti devoluti alla Provincia di qualche altro centinaio di milioni. Non sono cifre devastanti per un bilancio di quasi 5 miliardi, ma incidono proprio sulla quota disponibile, viste le ingenti risorse da impegnare per stipendi, servizi essenziali, urgenze e programmi in corso.

Come recuperare, allora, un margine di manovra? Ce lo spiega la «Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza Provinciale (NADEFP) 2020-22»: la Giunta provinciale proporrà al Governo, assieme alla Regione e alla Provincia di Bolzano, «una clausola di neutralità fiscale volta a tutelare le entrate dei predetti enti dagli effetti negativi delle manovre statali».

Questa clausola compare anche nelle proposte della Consulta per la riforma dello statuto speciale e nelle ipotesi di finanziamento delle nuove competenze richieste da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Niente di scandaloso, dunque, anche se si può immaginare che lo Stato non sia così entusiasta di reintegrare i cali di gettito dei tributi, senza poter beneficiare di eventuali aumenti; e che possa crescere l’insofferenza già ampiamente diffusa nei confronti delle nostre prerogative finanziarie.

È perciò il momento di esibire il lato responsabile dell’autonomia, non limitandoci a chiedere allo Stato nuove risorse, ma accompagnando la richiesta con un piano di ulteriore contenimento e riqualificazione della spesa, capace di restituire al bilancio l’elasticità necessaria per «fare meglio con meno». Anche la NADEFP evidenzia «la necessità di procedere ad interventi di controllo e razionalizzazione della spesa» fra cui «la verifica […] degli investimenti già programmati, una maggiore selettività degli interventi, in particolare quelli di incentivazione» e altre azioni, a fianco delle quali va peraltro ricercato «il coinvolgimento di tutti gli attori pubblici e privati che possono apportare risorse esterne al bilancio provinciale». Intensificare la lotta al superfluo, comprimere i costi delle strutture pubbliche, investire sulle esigenze del sistema piuttosto che su quelle individuali, incoraggiare il protagonismo della società civile: tutto ciò darebbe nuovo smalto a quella che un tempo fu definita l’«autonomia meritata». Ne servirebbe una buona dose, quando si scenderà a Roma a tirare il Governo per la giacca.

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