Come dare senso alle nostre comunità, ancora frastornate dalla pandemia e inquiete di fronte a prospettive globali tragiche e oscure? Forse, ribaltando la prospettiva, provando a costruire “comunità di senso”, dove intrecciare cammini comuni capaci di generatività. È questa la risposta che scaturisce dal confronto promosso questa mattina a Cavalese da Vita Trentina con il quotidiano Avvenire, con il concorso della Magnifica Comunità di Fiemme e della Fondazione FiemmePER, in occasione della nona Festa del settimanale e di Avvenire.
Come rendere concreta questa costruzione, lo hanno delineato con accenti diversi lo scario Mauro Gilmozzi, il direttore di FiemmePER Andrea Ciresa, il vicedirettore di Avvenire Marco Ferrando e l’arcivescovo Lauro Tisi, che, a conclusione della mattinata, ha offerto parole di speranza: “Il noi resiliente della comunità, anche in ore tragiche come queste, sopravvive, e in questo vedo un germoglio di un futuro dove il noi sarà il futuro della nostra vita”.
Nel saluto di benvenuto, a nome dei parroci dell’Unità pastorale e delle comunità, il parroco di Cavalese, don Albino Dell’Eva ha richiamato la vocazione ad essere comunità che è nel Dna di queste popolazione, anche se oggi si assiste a una perdita di senso dell’essere comunità che, in particolare dopo la pandemia, tocca anche le comunità cristiane. “Il tema posto oggi è un’esigenza esistenziale, questo essere comunità, sentirsi comunità. E fa piacere che a discuterne siano espressioni della realtà civile ed ecclesiale, per imparare a coniugare l’io con il noi. È questa la grande sfida del nostro tempo”.
Diego Andreatta, direttore di Vita Trentina, ha introdotto il dibattito moderato dalla giornalista Marianna Malpaga inquadrando la festa del settimanale con Avvenire nel quadro del cammino che porta verso il centenario (2026) di Vita Trentina. “L’essere comunità, costruire comunità è questione centrale degli anni a venire”, ha concluso.
Lo scario della Magnifica Comunità di Fiemme, Mauro Gilmozzi, che è anche presidente di FiemmePER, ha rivendicato l’attualità del ruolo della Magnifica Comunità, che amministra per i “vicini” boschi, pascoli, ma anche beni immateriali come il senso dell’essere comunità, nel tempo odierno. “La Magnifica ha resistito nel tempo come demanio collettivo, che da quasi mille anni interpreta le volontà degli abitanti della Valle di Fiemme, che eleggono i loro ‘regolani’ per amministrare al meglio questo territorio”. Oggi attuale è la questione della “restanza”, del permanere su un territorio “che è difficile”. “Le sfide degli amministratori sono come garantire ancora la manutenzione del territorio – bosco, pascolo, acque – in questa epoca di cambiamento climatico. Si tratta di individuare nuove forme di gestione del territorio, per conservare questo patrimonio collettivo e coltivare anche il senso di comunità”. Sono i temi affrontati anche, ha ricordato, alla Settimana sociale di Trieste. “Quali saranno i luoghi di comunità, in futuro, con le difficoltà dovute al calo demografico, dell’abitare, del trovare lavoratori? La Magnifica ha senz’altro qualcosada dire”. “Sentirsi una comunità di senso – ha aggiunto – è quello che stiamo facendo di fronte ai cambiamenti climatici. Dopo la tempesta Vaia e il flagello del bostrico, che ha seccato gli alberi, colpendo anche emotivamente gli abitanti, attraverso momenti di comunità, riunioni, condivisione del lutto della comunità crediamo di aver dimostrato che è possibile superare questi momenti, insieme”. Oggi le forme di cooperazione per deecidere insieme come operare e agire diventano fondamentali: “Come Magnifica abbiamo creato una fondazione, FiemmePER, per offrire pensiero, ragionamento, occasioni di confronto, coinvolgendo il mondo delle imprese. Un modo per far crescere la cultura di comunità”, ha concluso.
La Fondazione FiemmePER è stata proposta come esempio di buona pratica alla Settimana sociale, ha ricordato Malpaga, dando la parola ad Andrea Ciresa, direttore di FiemmePER.
“Per fare innovazione occorre scompigliare le regole”, ha esordito Ciresa, presentando le attività della Fondazione FiemmePER, orientate ad offrire motivi di riflessione sulle fragilità – del contesto umano, sociale, ambientale –, rispetto alle quali la Fondazione, in dialogo con altre realtà del territorio, si propone di affrontare. “Nella Fondazione ci sono la Magnifica Comunità di Fiemme, un istituto di credito, alcune imprese, che hanno creduto al nostro obiettivo di reagire alle fragilità del nostro tempo per accompagnare alla transizione ecologica, per un nuovo sviluppo”. Oggi ai 14 soci fondatori si sono affiancati 16 partner (scientifici, come Fbk e UniBolzano, e di sistema), e 79 sostenitori, “che contribuiscono a delineare le priorità della nostra azione, per costruire una comunità coesa facendo innovazione sociale e comunitaria”, ha detto richiamando il tema del dibattito. La questione dell’abitare in Val di Fiemme è stata affrontata dando vita a una proposta di rigenerazione urbana, la transizione energetica avviando una Comunità energetica in forma cooperativa “gestita dai nostri giovani, supportati da professionisti”, in tema di mobilità si è organizzato un sistema di trasporto per i dipendenti della società La Sportiva così da ridurre significativamente il traffico automobilistico. “Modi concreti per passare dall’io al noi”, ha osservato Ciresa, che citando papa Francesco: “Non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali” (Laudate Deum) ha concluso richiamando l’attività culturale della Fondazione e passando così il testimone al vicedirettore di Avvenire, Marco Ferrando.
Ferrando ha esordito citando alcuni numeri della dieta mediatica degli italiani, che confermano una tendenza alla riduzione dell’interesse ad informarsi, ma lasciano anche motivi di speranza. “C’è poco interesse, è vero, ma permane però, paradossalmente, un’abitudine a cercare le informazioni, anche se abbiamo, in generale, poca fiducia nelle notizie che troviamo”. A preoccupare è la disinformazione dilagante, mentre confortante è il perdurare dell’interesse per le notizie locali. “Ciò ci richiama a un senso di comunità. Quello che succede nel mio territorio mi interessa. E viene premiato chi riesce a innovare l’informazione locale, ad esempio unendoci dei servizi. La prossimità è un valore”. Il vicedirettore di Avvenire ha affrontato poi la questione della partecipazione, strettamente legata, ha detto, alla tenuta democratica di un Paese. Partecipazione alla quale però occorre educare, ha sottolineato, richiamando le parole di papa Francesco alla Settimana sociale di Trieste e recenti interventi di papa Leone sulla dottrina sociale della Chiesa e sull’esigenza di educare alla partecipazione, al dialogo, al confronto, per contrastare la diffusione delle fake news.
Richiamando ancora papa Leone (“La gente non può morire a causa di fake news”), Ferrando ha rivendicato la necessità del rigore nella scelta delle notizie e la consapevolezza della responsabilità di chi fa informazione, che con il suo lavoro può contribuire – o meno – ad “accorciare la distanza tra noi e gli altri”. “Se ci pensiamo, informarci tocca il nostro essere chiusi o aperti, l’essere disponibili o meno a una vita sociale, alla partecipazione”, ha concluso, invitando a guardare all’informazione “con occhi nuovi”, non come a un prodotto “che magari ci ruba del tempo”, o come “un dovere”, ma come un primo passo di un processo di partecipazione: “Leggere e sostenere un giornale è un atto politico, oggi, in cui affermiamo il valore della partecipazione”.
Al valore della prossimità si è riferito l’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi: “Cultura è il sentiment, quello che l’umano percepisce come prevalente: l’umano di oggi fatica a sintonizzarsi col noi della comunità. È più facile una comunicazione dove al centro del sentire c’è un ego che si vede in antagonismo con l’altro. Generalmente siamo impegnati ad affermare l’ego. In questo senso mi ha colpito l’intuizione di papa Leone che suggerisce al prete di scomparire, per fare emergere la comunità. Parlando della comunicazione, sono d’accordo con Ferrando: c’è interesse al locale, e questo ci dice che alla comunità non possiamo rinunciare. Al noi non ti puoi sottrarre. Proprio la fragilità che ci caratterizza tutti ci porta a cercare il noi: basta un momento di malattia per dover ricorrere all’altro. C’è una resilienza alla morte del noi che appartiene all’umano”.
“Dentro questa logica – ha continuato don Lauro- possiamo dire che la Fondazione FiemmePER è figlia della Magnifica Comunità: è un dare un volto nuovo a una vena continua di noi comunitario. E mi piace dirlo proprio in questo palazzo. C’è un’esperienza generativa, una memoria che di fa volano dell’innovazione. Non è vero che per innovare bisogna tagliare le radici: è falso. FiemmePer ci suggerisce che la resilienza del noi si può tradurre in azioni che hanno ricadute positive, concrete sul territorio”.
“Il noi resiliente della comunità,anche in ore tragiche come queste, sopravvive, e in questo vedo un germoglio di un futuro dove il noi sarà il futuro della nostra vita. Anche la comunicazione non è un diversivo, non è un’aggiunta all’umano. Riprendo l’appello del vicedirettore di Avvenire: riprendendoci la comunicazione, ci riprendiamo l’umano. I mezzi di comunicazione non sono mezzi, ma un mezzo per stare nella comunità. Quando salta la comunicazione, salta anche la comunità”.