Valle dei Mòcheni, si ragiona sulle fusioni

Palù del Fersina riceverà i finanziamenti del PNRR per la riqualificazione del borgo
Fusione sì, fusione no: il dibattito sul futuro dei piccoli comuni si è avviato anche in Valle dei Mòcheni, dove il problema non è solo amministrativo ma anche etnico linguistico, culturale, storico. Sul piano puramente geografico e numerico la soluzione sembrerebbe semplice: fusione tra i quattro comuni della Valle – Palù del Fersina, Fierozzo, Frassilongo, Sant’Orsola Terme – che contano complessivamente poco più di 2.200 abitanti. Una soluzione che però cozza contro l’evoluzione storica dei diversi municipi, come chiaramente espresso anche dagli abitanti nei primi incontri pubblici tenuti in valle nelle settimane scorse.

I tre Comuni dell’Alta Valle e della sponda sinistra vantano una storia particolare che li ha portati a ottenere un riconoscimento ufficiale della loro lingua e specificità culturale. Per la quale hanno lungamente e duramente lottato negli ultimi decenni, pur di fronte a un costante calo numerico. Palù del Fersina è passata dai 413 abitanti del 1921 ai 169 del censimento del 2011; Fierozzo da 767 a 481; Frassilongo da 698 a 321. Una diminuzione legata sicuramente alle difficoltà economiche e storiche in cui questi Comuni si sono venuti a trovare; dal lavoro nelle miniere all’agricoltura e allevamento fino al commercio ambulante con i “kròmeri” che vendevano la loro merce in tutto il Tirolo. Le guerre dell’ultimo secolo hanno ulteriormente aggravato la situazione.

Nella prima guerra mondiale la Valle del Fersina fu completamente militarizzata, per il fatto che si trovava nelle immediate retrovie del fronte, mentre nel periodo della seconda guerra mondiale, a seguito dell’accordo Hitler – Mussolini del 1939 e dopo una pressante propaganda nazionalsocialista, gran parte della popolazione optò per il trasferimento nelle fattorie di Ceske Budejovice, nella Boemia Meridionale. L’esodo interessò globalmente 556 persone; gli optanti mòcheni partirono nel 1942 e fecero ritorno alla fine del 1945; un ritorno amaro e spesso tragico, visto che i beni lasciati alla partenza erano stati acquisiti dalla Società Fiduciaria Germanica di Liquidazione (D.A.T.), e solo nel 1949 vennero restituiti. Con il Fascismo poi i tre Comuni mòcheni furono aggregati forzosamente a Sant’Orsola, da cui ottennero la definitiva autonomia con il 25 gennaio 1948.

Da quel momento ebbe inizio il lungo lavoro culturale per un riconoscimento della specificità della popolazione mòchena, ottenuto con apposita legge regionale e con la costituzione dell’Istituto Culturale Mòcheno, autentico volano della specificità di questa popolazione, sia per il mantenimento di tradizioni e cultura, sia per la valorizzazione soprattutto di una lingua che aveva corso un serio pericolo di scomparsa.

Su queste caratteristiche puntano oggi gli abitanti dei tre Comuni, anche se ufficialmente il dibattito è stato spostato a dopo le elezioni di maggio, per evitare strumentalizzazioni politiche. In ogni caso entro l’anno si dovrà decidere nel merito. Dagli incontri informali tenuti a S. Orsola e Fierozzo sembra emergere la posizione di fusione a tre, escludendo quindi S. Orsola e Vignola Falesina, convenzionandosi per i servizi con Pergine. Si formerebbe così un Comune con 978 abitanti, non certo grande, ma caratterizzato da una specificità storico culturale che ne renderebbe più semplice la costituzione.

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