Consolata, novant’anni di missione

Opera preziosa e silenziosa quella dei missionari della Consolata che nel 2015 festeggiano i novant'anni di presenza a Rovereto. Nonostante l'età, guardano avanti con fiducia, senza rimpiangere il glorioso passato, che ha avuto dalla chiesa tridentina 90 missionari – compresi quelli che dopo gli studi sono entrati in diocesi o hanno fatto altre scelte – e ottanta suore andate in missione.

“Oggi la comunità missionaria della Madonna del Monte, ridotta nel numero e per età, continua la sua presenza a Rovereto con lo stesso spirito missionario”, dice il superiore, padre Sandro. “Cerchiamo di coinvolgere i devoti di Maria Consolatrice nel servizio, attraverso la preghiera e la solidarietà, verso i più 'afflitti', vicini e lontani”. I religiosi hanno a cuore la cura pastorale del santuario, che accoglie singole persone e gruppi, organizzati dalle loro parrocchie, per momenti di preghiera e riflessione. Vi si svolge anche il prezioso compito del sacramento della riconciliazione, dal lunedì al sabato.

Quella di Rovereto fu la prima casa, esterna al Piemonte, dopo la fondazione nel 1901 dell'Istituto torinese ad opera del Beato Giuseppe Allamano (1851-1926), mentre il ramo femminile risale al 1909. Era infatti il 25 luglio 1925, quando giunse nella Città della Quercia padre Umberto Bessone, per preparare ed aprire la “scuola apostolica” presso il santuario lagarino. Solo pochi giorni prima (17 luglio), l'arcivescovo di Trento, mons. Celestino Endrici, aveva approvato la richiesta, presentata dai vertici dell'Istituto torinese, di aprire in Rovereto una “scuola apostolica nell'intento di raccogliere vocazioni giovanili per le opere missionarie e provarle alquanto localmente prima di inviarle ai propri collegi di formazione”.

Si partì con 10-12 giovani, dei quali undici furono ordinati sacerdoti nel 1936. Il primo a partire fu padre Ruggero Angheben, della Vallarsa, che già in quell'anno raggiunse l'Etiopia. Il numero di giovani crebbe talmente – nei ritiri si arrivava anche a 50/60 presenze – che l'Istituto, alla fine della seconda guerra mondiale, comperò “Villa Botta”, in via Bellavista, sulla collina, trasformandola in un attrezzato seminario missionario. Anni di intensa attività fino al 1987, quando rimasta con dodici seminaristi, di cui solo due trentini, la struttura venne chiusa.

“Le persone sono molto legate a noi e al santuario, anche se le forze vengono meno”, aggiunge padre Lorenzo, il più anziano, a Rovereto dal 1988. “I religiosi della Consolata a Rovereto sono una presenza ancora valida, lo dimostra anche il fatto che l'Istituto ha deciso di chiudere a breve la sede di Vittorio Veneto, ma questa rimane”. Assieme a padre Lorenzo e padre Sandro vivono anche i padri Romano e Cornelio e fratel Achille, che anima quotidianamente la liturgia. Nel santuario, su un leggio, si trova un raccoglitore che ricorda la cinquantina di missionari trentini e le 49 suore missionarie trentine della Consolata defunti. “Queste schede della memoria – conclude il superiore – sono molto apprezzate da parenti e amici dei missionari e sfogliate con ammirazione e gratitudine”.

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