Il vaccino alla prova dell’autonomia

La prima operatrice sanitaria vaccinata ospedale Santa Chiara. Foto ufficio stampa PAT

E’ un lunedì che ci consegna più di una buona notizia – dal ritorno di Chico Forti in Italia alla “dedica” di un Anno per la famiglia – ma l’annuncio che solo tre mesi fa sembrava una chimera è la disponibilità del vaccino dal 27 dicembre. In Italia, ma non solo anche in tanti Paesi europei – in distribuzione contemporanea ed equa – finalmente accomunati in un’impresa di futuro.

La solennità mediatica con cui ieri si è accolto il rito delle prime vaccinazioni è servita a seminare luci di speranza in ambienti ancora oscurati da cifre pesantissime e da perdite tristi e silenziose. A tutti è evidente che non ci si può fermare qui, che il “si salvi chi può” non vale nemmeno oggi e che sulla stessa campagna vaccinale potremo valutare quali sono i “nuovi” criteri etici che reggono dopo la pandemia le nostre soscietà. Nessuno deve dimenticare la priorità indicata a Natale dal Papa “dei più vulnerabili e dei più bisognosi.”  Come tradurre quest’attenzione in pratica? La nostra Provincia potrebbe dar prova di buona autonomia anche individuando – al di là dei protcocolli nazionali – delle fasce di popolazione o dei territori che meritano di essere privilegiati nei tempi e nella somministrazione sollecita e oculata dei vaccini. Sarebbe un segnale da dare anche ad altre Province non autonome, un modo di dire cosa significa essere “fratelli tutti”.

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