Cresce la produzione di rifiuti ma anche la raccolta differenziata

I cassonetti degli imballaggi leggeri
Cresce la produzione dei rifiuti urbani, ma cresce anche contemporaneamente la raccolta differenziata: sono questi i dati sintetici che emergono dalle statistiche del 2016 rese note dall’Amnu Spa, la società pubblica che gestisce la raccolta dei rifiuti urbani dei 18 Comuni dell’Alta Valsugana, per una popolazione residente di circa 60.000 persone, cui si aggiungono le presenze turistiche in alcuni periodi dell’anno. Qualche preoccupazione nasce dall’incremento dei rifiuti (25.157.537 chilogrammi con un incremento di 306.109 kg) che evidenzia sostanzialmente una ancora insufficiente attenzione dell’industria all’esigenza di contenere gli scarti, spesso inutili, come i doppi o tripli contenitori anche sovra misura per articoli che potrebbero benissimo frane a meno; ma su questo aspetto non possono incidere i cittadini più di tanto.

Positiva invece la notizia della crescita della raccolta differenziata, che ha raggiunto i 20.911.816 kg (+ 386.095 kg), pari all’83,12% del totale raccolto. Si tratta di un trend virtuoso che caratterizza da anni la zona servita da AMNU, che ha ottenuto più volte riconoscimenti nazionali per il servizio svolto. Al primo posto della raccolta differenziata figura l’umido con oltre 5,5 milioni di kg, seguito da carta e cartone (4,2 milioni di kg), ramaglie e verde (3,3), vetro (2,2), ghiaino 81,2), plastica (1,2), legno (0,9), scarto imballaggi (0,9), ingombranti (0,6), ferro (0,5), macerie (3,6) e poi in misura minore il resto.

La raccolta differenziata non solo consente di ridurre il materiale da inviare in discarica (ormai non più disponibili in Trentino) o nell’inceneritore, ma contribuisce anche ad abbassare le tariffe, grazie alla vendita di alcuni prodotti differenziati all’industria, previa naturalmente adeguata selezione e “pulitura” del materiale. Ed è qui che sorgono alcuni problemi per l’azienda, che deve provvedere a depurare il materiale specifico da altri scarti, con evidenti costi di lavorazione. Un procedimento che si è rivelato particolarmente problematico per gli imballaggi leggeri (comunemente definiti plastica), raccolti tramite cassonetti stradali, che negli ultimi tempi erano stati trovati piuttosto “inquinati”, fino a raggiungere il 40% di inutilizzabile. Un trend in crescita che ha spinto l’azienda a trovare una soluzione con l’adozione di cassonetti con scarico a chiavetta elettronica (30 litri di capienza) e relativa tariffa (0,5 centesimi a litro). Il costo dell’operazione si è aggirato sui 600.000 euro. Per gli utenti si tratta di un maggiore costo calcolato in circa 7 euro all’anno. Resta intatta la possibilità di conferire gli imballaggi leggeri, come gli altri prodotti differenziati, ai Centri recupero materiali sparsi sul territorio.

Un’operazione giustificata dall’azienda con la necessità di ridurre drasticamente l’inquinamento dei prodotti differenziati, ma che i cittadini corretti, quelli che differenziano puntualmente e scaricano nei contenitori previsti, hanno visto come un’ulteriore gabella; che si aggiunge a quella che devono pagare per la raccolta del materiale abbandonato ai piedi dei cassonetti o peggio ancora nelle strade e nei boschi da parte delle persone prive di civismo, che probabilmente non si fermano nemmeno davanti ad una calotta sugli imballaggi leggeri, ma scaricano come sempre dove capita. Forse sarebbe utile produrre uno sforzo aggiuntivo per far conoscere ai cittadini in dettaglio i criteri di raccolta dei rifiuti prodotti in famiglia.

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