Accoglienza, le associazioni roveretane a fianco della Fondazione S. Ignazio

La residenza Fersina. Foto ufficio stampa PAT

Attraverso una lettera aperta, numerose associazioni di Rovereto esprimono solidarietà e vicinanza alle richieste poste qualche settimana fa da Fondazione S. Ignazio, dai padri Comboniani, Cappuccini, Dehoniani e dalle suore Canossiane alle istituzioni provinciali, appoggiando la recente denuncia della difficile situazione che si trovano a dover affrontare le realtà operanti nel campo dell’accoglienza, in particolare rispetto alla gestione della chiusura della Residenza Fersina.

“Le scelte adottate ormai più di due anni fa dall’Amministrazione provinciale rispetto all’accoglienza di persone migranti e richiedenti asilo hanno rivelato i limiti e le incongruenze che fin dal principio numerose realtà associative della società civile avevano segnalato. Molti avevano allora obiettato che allontanare quelle donne e quegli uomini (arrivati in Trentino da Paesi disastrati) da soluzioni abitative distribuite sul territorio dove costruire condizioni di accoglienza e rispetto, per concentrarli in poche strutture, era una soluzione che si sarebbe ben presto rivelata inadeguata da ogni punto di vista”, si legge nel testo della lettera, che denuncia come “per molte delle persone che stavano sperimentando forme di inserimento nelle comunità attraverso la scuola e il lavoro, si è interrotto un cammino, alcune opportunità sono state perdute, con effetti sulla dispersione scolastica e con la riduzione di diritti fondamentali (che per altro la magistratura ha ben presto riconosciuto come legittimi)”.

“La concentrazione a Trento dei migranti e richiedenti asilo in centri inadatti allo scopo soprattutto in questo periodo di pandemia, e la riduzione dei servizi a poco più che vitto e alloggio, non ha prodotto alcun risultato positivo. (…) Da qualche tempo, finalmente, l’amministrazione provinciale ha riconosciuto l’opportunità di chiudere anche la residenza “Fersina” e di ricollocare in modo più decoroso il centinaio di persone che ancora vi alloggia, per le quali, con la collaborazione di realtà che operano nel campo dell’assistenza e dell’accoglienza, sono state individuate delle soluzioni abitative alternative. A seguito di questo orientamento i soggetti coinvolti hanno assunto impegni, modificato i propri piani di lavoro, destinato del personale. Ora la Provincia ha rimesso tutto in discussione e per quei cento “dimenticati” tutto torna in alto mare. Il “fai e disfa” non giova a nessuno: non ai migranti che hanno visto alcuni di loro lasciare la struttura e sono rimasti spettatori; non a una prospettiva di accoglienza diffusa di cui molti cittadini hanno sperimentato la validità. Non possiamo stare zitti di fronte a questo ennesimo esempio di improvvisazione“, proseguono i firmatari, tra cui le associazioni Ubalda Girella, Noi Oratorio Borgo Sacco e Noi S. Caterina di Rovereto, La macchia, Lucicate, il MLAL (Movimento Laici America Latina), il Forum trentino per la pace e i diritti umani, il Centro Pace Ecologia Diritti Umani Rovereto e l’ANPI Rovereto-Vallagarina.

“Molti di coloro che sono stati concentrati nelle strutture di raccolta e lì parcheggiati e seguiti in modo discontinuo, non hanno ancora acquisito gli strumenti necessari – la conoscenza della lingua italiana in primo luogo – per vivere in senso pieno la vita nel nuovo contesto. Ciò li pone in una condizione marginale, provvisoria e insignificante rispetto a quanti potrebbero invece guardare a loro come a nuovi cittadini e al tessuto sociale in cui dovrebbero inserirsi”, conclude il testo, auspicando “che finalmente esca dall’ombra una realtà che la pandemia può aver allontanato dai nostri pensieri, ma che continua a gridare la sua insostenibilità“.

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