Addio a Paolo Cavagnoli, il trascinatore

Paolo Cavagnoli mentre dialoga con Arturo Caumo, una delle tante persone di cui si era preso cura nella sua vita (foto Gianni Zotta)

“Sa fente?”, ovvero “cosa facciamo?”, era una domanda frequente nell’intercalare di Paolo Cavagnoli, l’ex dirigente provinciale, fondatore di APPM , Associazione Provinciale per i minori, morto ieri a Trento a 84 anni. In quella frase c’era tutto il suo spirito d’iniziativa e la sua passione rivolta ai problemi sociali, coltivata con gli studi di assistente sociale a Padova  e nutrita di una solida formazione negli ambienti cattolici.

E’ stato un indimenticabile dirigente dei servizi sociali della Provincia, dedicato per molti anni a programmare gli interventi per i ragazzi orfani e le famiglie in difficoltà, ma aveva poi riversato la sua sensibilità di “operatore sociale” – come amava definirsi – nel volontariato fondando insieme a Umberto Fumai l’APPM che ha guidato per 40 anni e alla quale è rimasto vicino come “past president”, collaborando con le sue doti di entusiasta trascinatore. Sapeva motivare e incoraggiare i collaboratori, indicava le scelte future. Non si fermava di fronte alle difficoltà anche burocratiche e, con spirito propositivo, cercava pragmaticamente di risolverle tenendo presente il bene delle persone coinvolte.

Essendosi preso cura di molti ragazzi e bambini, si sentiva “nonno di una grande famiglia”, come aveva confidato qualche anno fa a Piergiorgio Franceschini in una commovente intervista per radio Trentino inBlu, ripresa anche dal nostro settimanale: “Ho sempre insistito – spiegava – per avere piccoli gruppi-famiglia, ne avevo già fatto esperienza. A diciott’anni per guadagnare qualcosa andavo a fare l’assistente in estate alla Piccola Opera di Levico, una casa di rieducazione. Lì con don Giulio Ziglio abbiamo accolto i primi ragazzi, i famosi “sciuscià” di Trento che la Questura raccoglieva sulle strade nel dopoguerra”. I libri scritti da Cavagnoli sul suo passato di operatore sociale – anche dentro l’Ordine degli assistenti sociali – restano come una documentazione e una narrazione interessante per chi studia l’evoluzione del Trentino.

Aveva riversato questa sua sensibilità  anche  nel servizio alla politica, prima come consigliere comunale a Trento e poi come vicepresidente del Comprensorio: “Sono nato e morirò democristiano”, scherzava, segnalando però anche l’umiltà, la concretezza e la dimensione popolare di una certa politica del passato. Personaggio eclettico, fu apprezzato in varie comunità che gli diedero la cittadinanza onoraria come il Vanoi (dove fu come soccorritore ai tempi dell’alluvione del 1966), Roverè della Luna e Levico.

Un capitolo della sua vita è legato anche al giornalismo, quando l’editore Demarchi gli affidò la direzione responsabile di RTTR ed egli seppe trascinare un bel gruppo di giovani giornalisti, ora affermati, che lo ricordano tutti con gratitudine. Era attivo nell’UCSI, consigliere prezioso nel direttivo di Strenna Trentina e negli ultimi anni scriveva anche articoli e lettere per il nostro settimanale che si impegnava a diffondere con lo spirito di un vero “fiduciario”. Anche Vita Trentina gli deve riconoscenza, mentre esprime vicinanza alla famiglia.

I funerali sono previsti sabato a Cognola.

Diego Andreatta

 

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