Un caffè in Seminario

Dopo pranzo, a colloquio con i sedici seminaristi a confrontarsi sul valore (e le fatiche) della vita comunitaria: “Ci aiuta il clima di fiducia”

C’era proprio bisogno di una sana “rinfrescata” all’intonaco del soggiorno. E così i seminaristi sono andati in un colorificio a fare acquisti, poi si sono rimboccati le maniche, e avanti con stucco e pennelli.. Anzi, prima hanno scelto insieme la tinta più adatta a coprire definitivamente un datato affresco a soggetto montanaro che aveva resistito al tempo e alla ristrutturazione del Seminario di corso Tre Novembre.

Come avviene in ogni casa, la tinteggiatura è stata una piccola impresa… di squadra: come proteggere il pavimento, quali mobili spostare nell’occasione, dove ricollocare quel documento incorniciato che a molti risulta fuori luogo….

Valutiamo il risultato, dopo aver pranzato insieme, davanti ad una tazza di caffè e un vassoio di pasticcini. E si capisce che l’esito più interessante in quest’attività manuale è stata ancora una volta la dinamica del fare insieme, confrontando gusti e conoscenze diverse, imparando ad accettare le scelte altrui, offrendo le proprie abilità, più o meno “pittoriche”.

Conversiamo sul “fare comunità” in Seminario alla vigilia della Giornata annuale (si veda in copertina il messaggio del rettore) perché i 16 seminaristi vivono dentro questo edificio molto ampio (che ospita, come abbiamo visto lo scorso anno, tante altre attività ecclesiali e culturali) una vivace e “allenante” vita comunitaria, forse ancora poco nota all’esterno. E non ci riferiamo solo a momenti che è facile immaginare: la preghiera giornaliera, i pasti con il servizio di apparecchiatura a turno, gli incontri formativi. Ogni giovedì – per “svelare” una curiosità significativa – la preparazione del pranzo è autogestita: si sceglie il menu, si fa la spesa e qualcuno cucina per gli altri. In altre giornate, può esserci una partita in diretta o un altro programma televisivo da commentare insieme sul divano del salotto. Oppure quattro calci al pallone nel campetto di sotto. Appuntamento fisso è il lunedì sera, quando in un clima informale dopo cena, ci s’incontra col rettore per confrontarsi insieme, prendendo spunto da qualche evento o da qualche testo.

Ma “fare comunità” può essere faticoso e arricchente, come approfondiamo nel dialogo con tre seminaristi scelti a caso. “E’ vero, qualche fatica c’è – attacca Matteo, quarto anno – ma è già positivo il fatto di non sentirsi soli. Di poter condividere la fatica con altri che percorrono lo stesso cammino, ognuno in modo diverso. Puoi bussare una porta, fare quattro chiacchiere, sfogarti”.

Soli davanti al Signore

Talvolta può esserci anche la tentazione di scappare… “Certo, perché alla fine il cammino è personale, certe scelte non le puoi delegare. Sei solo tu davanti al Signore, anche se i formatori ti aiutano”. Giovanni, pure al quarto anno, aggiunge che età e provenienze diverse comportano un bagaglio di esperienze che è un arricchimento. Anche il modo di vivere la fede o di pregare, perfino nella gestualità, ti arricchisce. Se c’è un clima di fiducia e di sincerità, poi, gli altri ti “vedono” e ti possono dare un giudizio dall’esterno.”

Michele, secondo anno, ha respirato questo clima di fiducia: “E’ un sostegno avere qualcuno che vive il tuo percorso con cui confidarsi o anche che ti può correggere”.

L’altro talvolta può essere pesante. “L’importante è riconoscerlo, dirselo – affermano insieme Michele, Giovanni e Matteo – per non coltivare insopportazione. E provare a non fuggire questa fatica, non cercare scappatoie. Come in famiglia, è importante starci, rimanere, così si riesce a superare questa difficoltà verso gli atteggiamenti di un’altra persona. Molto aiuta anche una certa ironia o autoironia”. Interviene il rettore, don Tiziano Telch: “L’unità fra noi non va intesa come uniformità, lo dice anche la Evangelii Gaudium

L’uscita sul territorio

Con la preghiera del vespro del venerdì ci si saluta e cambia il volto della comunità. I seminaristi vanno in alcune parrocchie nel fine settimana: “Quanto si vive fuori è un ritmo diverso, ma è utile e necessario sperimentarlo. Ti mette alla prova, ti rende più flessibile. Trovare un equilibrio necessariamente instabile fra questi momenti fa parte della nostra crescita, ma farà parte anche della nostra vita. Per questo nelle due comunità diverse possiamo capire cosa dobbiamo modificare o “tagliare” in noi, un lavoro su noi stessi che è come la potatura di un albero”.

Come dice il rettore don Tiziano, è la sfida della relazione con noi stessi, con gli altri, con il Signore e con il creato. Le esperienze extra seminario – un gruppo farà servizio anche al dormitorio di via Santa Croce – possono aiutare così come l’attenzione ad altri ragazzi ospiti con i loro gruppi giovanili in Corso Tre Novembre per le attese “Settimane comunitarie”. A proposito, le due aree adibite a quest’accoglienza sono occupate tre settimane su quattro e tanti giovani possono constatare che i seminaristi non sono dei marziani, ma giovani che imparano a crescere anche come esperti di umanità e di comunità.

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