Strumento di pace

Ripercorriamo alcuni momenti dei tre giorni del Papa in Terra Santa. Una visita storica per il destino dell'ecumenismo e il futuro della pace in Medio Oriente

SIRIA E MEDIO ORIENTE, “TUTTI VOGLIAMO LA PACE”

Il primo pensiero di Papa Francesco, nella prima tappa del suo intenso viaggio in Terra Santa, si è rivolto ai rifugiati di guerra e alla sua “amata Siria”. Nel saluto alle autorità del Regno di Giordania, dove è arrivato nella mattinata di sabato 24 maggio, il Papa ha subito ringraziato il Paese per la generosa accoglienza ai rifugiati palestinesi, iracheni e siriani, per cui “merita la stima e il sostegno della comunità internazionale”, lanciando il primo appello alla pace: “Si rende quanto mai necessaria e urgente una soluzione pacifica alla crisi siriana, nonché una giusta soluzione al conflitto israeliano-palestinese”.

Nell'omelia della Messa celebrata più tardi allo stadio di Amman è tornato sul tema: “La pace non si può comperare: essa è un dono da ricercare pazientemente e costruire ‘artigianalmente’ mediante piccoli e grandi gesti che coinvolgono la nostra vita quotidiana”. Oltre le differenze: “Il cammino della pace si consolida se riconosciamo che tutti abbiamo lo stesso sangue e facciamo parte del genere umano; se non dimentichiamo di avere un unico Padre celeste e di essere tutti suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza”.

Di fronte ad una quarantina di rifugiati siriani e iracheni, sia musulmani sia cristiani, incontrati a Betania dopo la Messa, il Papa ha di nuovo lanciato il suo grido: “Si abbandoni da parte di tutti la pretesa di lasciare alle armi la soluzione dei problemi e si ritorni alla via del negoziato”. Lasciando il discorso ufficiale e andando a braccio, Francesco ha parlato della “cupidigia del denaro”, delle “fabbriche che vendono le armi”. Ed ha chiesto: “Chi c’è dietro, chi dà le armi per continuare il conflitto”. Poi ha aggiunto: “Pensiamo nel nostro cuore anche a questa povera gente criminale perché si converta”.

Il giorno dopo Papa ha rinnovato il suo appello per la pace in Medio Oriente anche di fronte alle autorità politiche palestinesi nel Palazzo presidenziale a Betlemme, invitandoli a raddoppiare “gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile”. Francesco è sicuro: la pace porterà con sé “innumerevoli benefici”. Occorre dunque “incamminarsi risolutamente verso di essa, anche rinunciando ognuno a qualche cosa”.

CON IL PATRIARCA BARTOLAMEO, VERSO LA PIENA UNITÀ

“Pienamente consapevoli di non avere raggiunto l’obiettivo della piena comunione, oggi ribadiamo il nostro impegno a continuare a camminare insieme verso l’unità”, hanno dichiarato Francesco e Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, nel documento firmato congiuntamente durante l'incontro privato di domenica 25. Difesa della vita, lotta a tutte le povertà dalla fame all'analfabetismo, impegno per la pace e il bene comune, ecologia e salvaguardia del creato, dialogo con le altre religioni: questi i temi su cui concretamente cattolici e ortodossi sono chiamati ad “offrire una testimonianza comune”. Poi, 50 anni dopo lo storico incontro tra Paolo VI e Athenagoras, Francesco e Bartolomeo sono entrati mano nella mano a Gerusalemme e hanno raggiunto la pietra dove fu deposto il corpo di Gesù, inginocchiandosi in silenzio e preghiera.

Le parole coraggiose, l'abbraccio più volte ripetuto nella Chiesa del Santo Sepolcro, sono il segno che i capi delle due Chiese cristiane scommettono sulla riconciliazione, anche se la strada dell’unità è lunga e difficile: ma “le divergenze – ha sottolineato Bergoglio – non devono spaventarci e paralizzare il nostro cammino”. Ripensando al suo incontro con il Patriarca il Papa ha raccontato ai giornalisti sull'aereo del ritorno: “Abbiamo parlato dell’unità: ma l’unità si fa nella strada, l’unità è un cammino. Noi non possiamo mai fare l’unità in un congresso di teologia”, si tratta di “camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme”.

NEL MEMORIALE DELLA SHOAH: “MAI PIÙ!”

Lunedì 26 al memoriale di Yad Vashem, monumento alla memoria dell'olocausto, il Papa non ha pronunciato un discorso ma una meditazione. Incontrando sei sopravvissuti allo sterminio ha detto: “In questo luogo, memoriale della Shoah, sentiamo risuonare questa domanda di Dio: ‘Adamo, dove sei?’. In questa domanda c’è tutto il dolore del Padre che ha perso il figlio”. Il Padre, ha aggiunto, “conosceva il rischio della libertà; sapeva che il figlio avrebbe potuto perdersi… ma forse nemmeno il Padre poteva immaginare una tale caduta, un tale abisso! Quel grido: ‘Dove sei?’, qui, di fronte alla tragedia incommensurabile dell’Olocausto, risuona come una voce che si perde in un abisso senza fondo…”.

La preghiera di Francesco è carica del peso della consapevolezza di un orrore senza pari nella storia. “Pietà di noi, Signore!”. Poi la supplica: “Dacci la grazia di vergognarci di ciò che, come uomini, siamo stati capaci di fare, di aver disprezzato e distrutto la nostra carne, quella che tu impastasti dal fango, quella che tu vivificasti col tuo alito di vita. Mai più, Signore, mai più!”. E, allora, davanti alla domanda di Dio: “Adamo, dove sei?”, la risposta è piena di fiducia: “Eccoci, Signore, con la vergogna di ciò che l’uomo, creato a tua immagine e somiglianza, è stato capace di fare. Ricordati di noi nella tua misericordia”.

AL MURO DEL PIANTO, L'ABBRACCIO TRA LE RELIGIONI

Davanti al Muro Occidentale di Gerusalemme, lunedì mattina Papa Francesco ha sostato in preghiera silenziosa per qualche minuto. Poi, imitando il gesto di Giovanni Paolo II, vi ha deposto – come è consuetudine per i fedeli – una busta contenente un foglio con il “Padre Nostro” in spagnolo, scritta personalmente. Sul libro d’onore del Muro Occidentale il Papa ha scritto una dedica riportando il Salmo 121: “Quale gioia quando mi dissero ‘Andiamo alla casa del Signore’. Ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme”. E poi ha aggiunto: “Con questi sentimenti di gioia verso i miei fratelli maggiori, sono venuto ora e ho chiesto al Signore la grazia della pace”.

Per il viaggio in Terra Santa, Papa Francesco ha voluto accanto a sé i suoi due amici argentini, il rabbino Abraham Skorka e l’islamico Omar Abboud. Davanti al Muro del Pianto c’è stato tra loro un lungo e commosso abbraccio: hanno così lanciato al mondo dal cuore di un martoriato Medio Oriente un messaggio potente di amicizia e fraternità.

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