La trappola delle riforme

Sulla questione del ddl Boschi c’è maretta. Ma i veri nodi sono il ridimensionamento di Renzi e la possibilità di cambiare la riforma elettorale

Dunque sembra che sulla questione del ddl Boschi ci sia maretta. Non si capisce, almeno al momento in cui scriviamo questo articolo, se ci sia stata una rottura definitiva fra la minoranza dem e il governo, o se si tratti del solito gioco allo scaricabarile tattico senza precludersi veramente la via di una intesa in extremis.

Il fatto è che la situazione si è terribilmente complicata. La questione sulla elettività diretta o meno dei futuri senatori è solo un pretesto, i veri nodi sono due: il ridimensionamento di Renzi e la possibilità di cambiare la riforma elettorale, il cosiddetto Italicum.

Sul primo punto si è ripetuto a iosa che ci sarebbe la possibile mediazione del cosiddetto “listino” da abbinare alle elezioni dei consigli regionali, una soluzione che in sé salverebbe capra e cavoli, in quanto darebbe ai cittadini formalmente la possibilità di intervenire nell’indicazione di chi mandare al senato anche se in realtà alla fine sarebbero comunque i partiti a governare la formazione di quel listino. Il fatto è che la minoranza dem pretende che nell’art. 2 venga apertamente detto che il senato è eletto direttamente, il che significa non solo mettere a rischio il passaggio rapido della riforma (in sostanza, lo si voglia o no, ricomincia l’iter perché si interviene su un testo che ha già avuto due approvazioni conformi), ma soprattutto umiliare Renzi costringendolo ad accettare il volere di una minoranza nonostante controlli la maggioranza del partito. Ovviamente per converso se la minoranza dem deve mollare sul punto, strombazzato su tutti i media e talk show possibili, è come dire che riconosce di non avere alcuna forza contrattuale.

Da questo punto di vista una soluzione di compromesso è molto difficile. Però a questo si è aggiunta la questione della possibile riforma dell’Italicum che è ciò che ha portato alla minoranza dem il sostegno delle opposizioni e di un pezzo della maggioranza di governo, cioè Ncd e qualche cespuglietto centrista. A tutti costoro sta molto stretto che si voti con uno schema che alla fine, sia pure attraverso un probabile ballottaggio, assegna la vittoria totale ad un partito, cioè di nuovo probabilmente a Renzi, che a questo punto sarebbe difficilmente condizionabile dagli avversari interni (ed esterni). Dunque tutti d’accordo che si torni all’antico meccanismo dello scontro fra due coalizioni. Questo darebbe la possibilità ai piccoli partiti (quelli già presenti e quelli nuovi che nascessero da scissioni nelle forze maggiori) di conquistarsi diritti di condizionamento se non di veto perché le alleanze con loro diverrebbero necessarie, almeno secondo i calcoli dei proponenti.

Anche su questo punto Renzi, per ragioni che a questo punto sono facilmente comprensibili, non è disposto a mollare. Dunque il governo è a rischio sfiducia in Senato dato l’alto numero di fan della riforma dell’Italicum? Renzi quando dice che ha i numeri per superare la prova fa il classico bluff?

Le cose non sono così semplici. Se infatti si boccia la linea del governo sul ddl Boschi si va quasi certamente allo scioglimento della legislatura. Si dice che lo stesso presidente Mattarella abbia fatto sapere che in quel caso difficilmente potrebbe fare qualcosa di diverso dal rimettere la questione nelle mani degli elettori. Questo però non è quello che vogliono gli oppositori, perché una prova elettorale in queste condizioni sarebbe un azzardo. Per la verità quello che li impensierisce non è il danno che procurerebbe al paese lo scioglimento traumatico della legislatura (che, non dimentichiamolo, avverrebbe nei mesi in cui si deve approvare la legge di bilancio), ma il fatto che la legge elettorale con cui si andrebbe a votare non è l’Italicum, ma quella uscita dalla sentenza della Consulta che ha abolito il Porcellum (l’Italicum entrerà in vigore dopo luglio 2016).

Ora quella legge, essendo un puzzle ricavato da tagli e rammendi di quella sottoposta a giudizio, consente sì di eleggere il Senato, sia pure con una formula piuttosto confusa, ma non ha premi di maggioranza e invece ha soglie di sbarramento molto alte. Per dirla in termini semplici si tratterebbe di una elezione lotteria in cui nessuno è in grado di prevedere come andrà a finire.

Per questo Renzi è convinto che all’ultimo, più o meno alla chetichella, la legge passerà, visto che una maggioranza desiderosa di affrontare il rischio di perdere un comodo posto è alla fine dubbio che esista. Se poi sarà davvero così o se si resterà impigliati nel gioco del braccio di ferro reciproco sarà da vedere.

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