Giornata della Carità, un appello fortissimo

“In quel giorno si dirà a Gerusalemme: Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente”. Ne è fermamente convinto il profeta Sofonia, che ascoltiamo in questa terza domenica d’Avvento: Gerusalemme non può lasciarsi cadere le braccia, non può arrendersi o dichiararsi sconfitta, perché il suo Dio è salvatore potente, è colui che non dimentica, che ascolta, promette, mantiene e realizza la salvezza.

Migliaia di anni sono passati da quando Israele ha ascoltato per la prima volta questo appello; il quale mantiene anche oggi tutta la sua attualità, come generalmente avviene quando una parola umana è accolta come Parola di Dio.

Pensare alla Giornata della Carità, che domenica 16 dicembre coincide con la terza tappa del nostro cammino verso il Natale, rende ancora più evidente la verità e la concretezza di quanto dice il profeta. Lasciarsi cadere le braccia, infatti, è una tentazione forte; forse la vediamo addirittura come l’unica reazione possibile, certe volte. Le situazioni di emergenza affollano le nostre strade e le nostre case: da chi chiede una mano per andare avanti a chi non ha un tetto sotto cui ripararsi, da chi condivide la vita con la solitudine a chi la vita vorrebbe farla finire in anticipo, da chi ha perso il lavoro fino a chi ha perso la dignità, annegata tra dipendenze di ogni tipo. E via di questo passo.

Appunto, come non lasciarsi cadere le braccia? E come resistere alla tentazione di arrendersi, di fronte ad una mentalità di indifferenza o di paura o addirittura di rifiuto dell’altro che trova spazio ovunque, dalle scuole ai posti di lavoro, dai banchi della politica fino anche – bisogna esserne consapevoli – ai banchi delle nostre chiese?

Oggi la sfida sembra essere gigantesca: educare o rieducare la nostra gente e quindi anche le nostre comunità cristiane ai valori della solidarietà e dell’attenzione sembra essere, a volte, una battaglia persa in partenza. Roba da far cadere le braccia, esattamente, un capitolo da chiudere con le tonalità del fallimento. Se non fosse, però, che siamo in Avvento; se non fosse, cioè, che come credenti continuiamo ad attendere Colui che viene come salvatore potente. Non con l’arroganza di chi vuol gridare più forte degli altri, e nemmeno con l’ingenuità di chi sottovaluta i problemi o li nasconde addirittura, eliminandoli dagli occhi della gente perbene. No, il nostro Dio è Colui che interpella, è un grande rompiscatole che non ti lascia pace, perché ti viene a cercare con gli occhi di chi ha bisogno e di chi ti mette alla prova sul terreno dell’umanità più elementare: ma che uomo sei – mi chiede il Dio rompiscatole –, ma che cristiano sei, ma che Natale fai, ma che Vangelo ascolti tu, se poi ti giri dall’altra parte?

Allora la Giornata della Carità è un appello fortissimo a prendere sul serio le parole dell’antico profeta: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente”. Un salvatore, però, che non è un battitore libero; un salvatore che provoca ancora la collaborazione di ogni uomo e soprattutto di ogni credente. O almeno di chi, con la fede, vuol fare sul serio.

Cristiano Bettega*

don Cristiano Bettega, delegato vescovile per l’area testimonianza e impegno sociale

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