Se il sesso non è un mostro…

“Il sesso è un dono di Dio, non è un mostro, è il dono di Dio per amare. Che qualcuno lo usi per fare soldi, per sfruttare gli altri, è un problema diverso”. Non si è spenta l’eco della risposta data da Papa Francesco il 28 gennaio sul volo di ritorno da Panama. Brucia ancora. Fa luce sul turpe mercato della tratta, stigmatizzato sabato dai nostri vescovi a Verona (vedi pag.15), e sui canali della pornodipendenza ormai a portata di smartphone.

Bergoglio riannuncia così un capitolo intero di Amoris Laetitia, sulla responsabilità dei genitori e della scuola in tempi in cui “si tende a banalizzare e impoverire la sessualità”. Ma come applicare terra i richiami pronunciati da Francesco ad alta quota?

La Diocesi di Trento ha già una buona traccia, gli “Orientamenti per l’educazione degli adolescenti all’amore”, offerti dieci anni fa da un’equipe “trasversale” dopo tre anni di lavoro. Sono ancora d’attualità perché già allora si cominciava a sentire l’impatto dei nuovi media su relazioni affettive sempre più virtuali (con il fenomeno del sexting, lo scambio di messaggi sessualmente esplicito) ed a riscontrare l’insufficienza di un’informazione limitata agli aspetti biologici o sanitari o a risposte “facili”, senza prospettive di valore.

A proposito si legge in Amoris Laetitia: “Frequentemente l’educazione sessuale si concentra sull’invito a “proteggersi”, cercando un “sesso sicuro”. Queste espressioni trasmettono un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, come se un eventuale figlio fosse un nemico dal quale doversi proteggere. Così si promuove l’aggressività narcisistica invece dell’accoglienza”.

Ma gli “Orientamenti trentini”, scaturiti dall’esigenza di un vuoto formativo che emerge nei corsi prematrimonionali, anticipano Francesco nell’evidenziare la “grande bellezza” della sessualità e la fiducia che una sana educazione agli affetti è già quella che si conduce passo per passo nella vita quotidiana. Si esprime nelle tenerezze di genitori non egoisti fra loro, nelle scelte di una sorella maggiore che apre la strada, nella reazione matura ad un atteggiamento aggressivo. Prima ancora della sessualità c’è una grammatica degli affetti e delle relazioni che s’impara tra la cucina e la camera da letto. “Non sempre è possibile…”, riconosce il Papa e non vanno ignorate le situazioni –  emerse dai dati sulle violenze domestiche – in cui la famiglia si trova ferita e fragile; per questo deve essere aiutata ed accompagnata, perché il suo difficile equilibrio non venga meno.

Ma tutte le famiglie chiedono di essere sostenute nell’affrontare nel dialogo e in modo esplicito gli stimoli di esperienze emotive estemporanee, con effetti psicologici duraturi, come risulta da una ricerca di percorsi seri proposti dalla scuola o dalle agenzie educative. Non può non esserci coinvolgimento della famiglia davanti a ore di “lezione” che sollevano domande di senso decisive (chi mi renderà felice? Come gestisco le mie pulsioni sessuali? Come si costruisce la mia identità sessuale?) e sulle quali il confronto non può essere superficiale.

Per questo il Papa parla di un “dovere” dell’educazione sessuale nelle scuole. Che dovrà essere “positiva” e “graduale”, “che custodisca un sano pudore” e “comprenda il rispetto e la stima per la differenza sessuale” – come precisa in Amoris Laetitia – e “non imbevuta da colonizzazioni ideologiche”, come ha risposto sull’aereo ai giornalisti spagnoli. Anche le agenzie formative trentine devono tenere il capitolo sempre aperto: prendendo sul serio le esigenze sempre crescenti (e mutevoli) di genitori preoccupati che chiedono un aiuto qualificato e condiviso: proposte formative durature (non occasionali), co-progettate a scuola nei contenuti e nei tempi, condotte da esperti “oggettivi”, e poi riportate nella vivace quotidianità delle mura domestiche. Dove non basta certo una rosa sul tavolo a San Valentino per raccontare l’amore.

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