Un mondo di attese

Anche i rifugiati e richiedenti asilo alla Giornata del migrante celebrata a Mori

Sui ponteggi che ancora occupano gli interni in ristrutturazione della chiesa di S.Stefano domenica erano appesi due grandi mappamondi; stessa cosa nel salone dell'oratorio di via Battisti. Oggetti simbolo che rappresentano in pieno lo spirito della Giornata del migrante e del rifugiato, ospitata per la sua edizione numero 101 a Mori e incentrata sul tema della convivenza.

Prima in piazza Cal di Ponte, poi nella chiesa arcipretale e, infine, all'oratorio erano presenti più di una centinaia di persone, alcune in abiti tradizionali, altre con in mano il vessillo del loro Paese di origine e altri ancora “in borghese”. Solo per citarne alcuni c'erano albanesi, ucraini, senegalesi, pachistani e bengalesi, molti residenti in borgata, altri accorsi appositamente per l'evento organizzato dall'Arcidiocesi di Trento, dall'Opera diocesana per la pastorale missionaria e pastorale delle migrazioni, dal decanato di Mori in collaborazione con quello di Ala, di Villa Lagarina e di Brentonico.

“È un dovere del sindaco incontrare i nuovi abitanti del suo paese – ha detto nel discorso inaugurale il primo cittadino Roberto Caliari -. Solo attraverso la conoscenza si può realizzare la convivenza, anche ricordando i nostri nonni emigrati”. Ad ascoltarlo c'erano anche alcuni richiedenti asilo che da mesi vivono al centro di accoglienza di Marco. Proprio la loro presenza sul territorio attualmente rappresenta una delle sfide più difficili all'integrazione.

Dal canto loro i profughi marcolini ce la mettono tutta per provare a instaurare legami amichevoli con i lagarini. Omar Farouk, bengalese, Sulemany Ali e Selfraz, pachistani, nonostante la fede musulmana hanno partecipato alla messa, portando sull'altare, durante l'offertorio, i simboli della migrazione, la valigia di cartone e il salvagente. “Stare in chiesa per noi non è un problema, ci tenevamo a osservare questo rito”, raccontano i tre giovani che da mesi attendono pazientemente i documenti per poter cominciare una nuova vita in Italia all'interno dei container all'ex polveriera.

“Il migrante di oggi deve specchiarsi nelle storie dei trentini che qualche decina di anni fa hanno lasciato le loro case”, ha detto nel suo discorso Alberto Tafner, presidente di Trentini nel mondo. “Dobbiamo ricordare l'umiliazione che i nostri avi hanno patito e risparmiarla alle persone che sbarcano sulle nostre coste”. Anche il decano don Tarcisio Guarnieri, che ha celebrato la Messa assieme al vicario monsignor Lauro Tisi e a diversi missionari, ha ricordato come il ruolo della Chiesa sia quello di accompagnare il cammino dei popoli: “Per essere veri cristiani bisogna ribellarsi a chi attua politiche xenofobe”, ha aggiunto il parroco di Mori dall'altare.

Dopo la Messa la festa è proseguita all'oratorio, con un buffet etnico dove i vareneke ucraini sono stati abbinati al cous cous marocchino, al chicken pakora indiano e allo strudel trentino. Mentre all'interno i tamburi di Mamadou Sow hanno spinto tutti a ballare, all'esterno i ragazzini hanno improvvisato innumerevoli partite di calcetto. Con il pallone tra i piedi, concentrati su dribbling e parate, i piccoli nigeriani hanno stretto amicizia con i coetanei marocchini e pachistani, mettendo in pratica, senza nemmeno accorgersene, i principi che ispirano la Giornata del migrante.

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