“Il vino migliore sta per venire!”

Francesco parla delle divisioni che accentuano le povertà, e assicura: “nel Vangelo le chiavi di un futuro migliore per tutti”

Molte famiglie soffrono ancora oggi per la “mancanza di vino”. Eppure “le nozze di Cana si rinnovano in ogni generazione, in ogni famiglia”, dove “la fede si mescola al latte materno” e “i miracoli si fanno con quello che c'è”.

È un grande affresco sulla famiglia quello dipinto dal Papa durante la Messa a Guayaquil, davanti ad una folla sterminata, forse un milione di persone. I primi due giorni in Ecuador – prima tappa del primo Papa “venuto dalla fine del mondo” in quell'America Latina che parla la sua lingua – sono già un bagno di folla. Seguiranno Bolivia e Paraguay.

Sin dall'arrivo all'aeroporto di Quito, in cui si definisce “testimone della misericordia”, Francesco assicura che è nel Vangelo che “possiamo trovare le chiavi” per garantire “un futuro migliore per tutti”, a cominciare dai “nuovi fratelli più fragili”. Nel parco di Los Samanes invita a pregare per il prossimo Sinodo e, sempre sulla scorta delle nozze di Cana, pronuncia una sorta di profezia per le famiglie di tutte le latitudini: “Il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, profonda e bella per la famiglia deve ancora arrivare”. È questa “la buona notizia” anche per chi vede crollare tutto. “Viene il tempo – ha detto Bergoglio – in cui gustiamo l'amore quotidiano, in cui i nostri figli riscoprono lo spazio che condividiamo e gli anziani sono presenti nella letizia di ogni giorno”. “Il vino migliore sta per venire per ogni persona che ha il coraggio di amare” – assicura il Papa – “e viene anche se tutte le possibili variabili e le statistiche dicessero il contrario”. “Sussurratevelo fino a crederci” è la sua consegna esigente, “e sussurratelo ai disperati e a quelli con poco amore. Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento”. “Il vino nuovo, il migliore – ha concluso affermando – ci fa recuperare la gioia di essere famiglia”.

Un menù insolito quello suggerito dal Papa seppure con l'indicazione del racconto evangelico delle nozze di Cana e la citazione di un alimento abituale sul desco familiare come il vino. L'evangelizzazione, ha sostenuto di fronte alle centinaia migliaia di persone a Quito, non consiste nel fare proselitismo, ma “nell'attrarre con la nostra testimonianza i lontani, nell'avvicinarsi umilmente a quelli che si sentono lontani da Dio e dalla Chiesa a quelli che hanno paura o agli indifferenti” per dire loro: “Il Signore chiama anche te ad essere parte del suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore”. “L'unione che chiede Gesù – ha spiegato il Papa – non è uniformità, ma la multiforme armonia che attrae. L'immensa ricchezza del diverso, il molteplice che raggiunge l'unità. Ogni volta che facciamo memoria di quel Giovedì Santo, ci allontana dalla tentazione di proposte più simili a dittature, ideologie o settarismi”.

“È indispensabile che risplenda l'unità – afferma ancora Francesco – se la mondanità spirituale ci fa stare tra di noi, alla sterile ricerca del potere, prestigio, piacere o sicurezza economica”. E per spiegare l'unità il Papa ricorre a un'immagine di grande effetto: “Bisogna affidare il cuore al compagno di strada senza sospetti, senza diffidenze. Affidarsi all'altro è qualcosa di artigianale, perché la pace è qualcosa di artigianale”.

I cartelli stradali e le guide turistiche di Quito indicano che da quelle parti passa la linea dell'equatore. Ed è da lì che Francesco ha voluto iniziare il suo viaggio più lungo del pontificato, tra la gente che parla la sua lingua materna e le cui culture hanno molto in comune con quelle della sua patria, (adottiva per i genitori piemontesi): l'Argentina. Tornando ad attraversare l'oceano Atlantico, due anni dopo la visita in Brasile, il Papa ha scelto tre piccoli Paesi dell'America Latina – Ecuador, Bolivia e Paraguay – caratterizzati da una significativa presenza di popolazioni indigene e da una fortissima identità cristiana, anzi cattolica, con percentuali ancora molto elevate. Tre nazioni in qualche modo periferiche ma in progressiva crescita, che sperimentano modelli di economia inclusiva, eppure ancora segnate da ampie sacche di miseria, dove la Chiesa continua a svolgere un ruolo di primo piano.

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