Migranti, il catalogo degli orrori

L’organizzazione umanitario Medu ha raccolto centinaia di testimonianze nei centri di accoglienza

E' un autentico catalogo degli orrori quello raccolto sul campo dagli operatori dell’organizzazione umanitaria Medici per i diritti umani (Medu), che hanno intervistato 500 richiedenti asilo a Roma e in Sicilia. Tutti hanno riferito di aver subito trattamenti crudeli inumani e degradanti, nella loro fuga dalla guerra e della miseria. La maggior parte di loro porta sul corpo i segni delle violenze e delle torture, come cicatrici, bruciature ed ematomi. E poi ci sono le ferite invisibili: disagio psichico, incubi notturni, disturbi da stress post traumatico, ansia e depressione.

Le storie e le testimonianze di centinaia di migranti provenienti sia dall’Africa occidentale che dal Corno d’Africa sono state raccolte da medici e psicologi nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) per richiedenti asilo in provincia di Ragusa e al Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Mineo, in provincia di Catania, e in alcuni insediamenti informali a Roma (edifici occupati, baraccopoli, stazioni ferroviarie) e sono confluite nel rapporto “Fuggire o morire. Rotte migratorie dai Paesi sub-sahariani verso l’Europa”.

Dal rapporto si evince che il minimo che può capitare a un migrante durante il viaggio attraverso il deserto, nei centri di detenzione libici e in mare è di essere picchiato o di vedersi negare per giorni l’acqua, il cibo, le cure mediche, oltre che di ricevere minacce di morte per sé o per i propri familiari. Le donne, ma anche i ragazzi, subiscono violenza od oltraggi sessuali. Molti migranti sono torturati: c'è chi ha subito la cosiddetta “falaka”, effettuata colpendo le piante dei piedi con fruste o oggetti simili, che provocano ferite talmente profondi da impedire alle persone di camminare; chi è rimasto sospeso con i piedi in alto e la testa in basso; chi è stato costretto ad assumere posizioni stressanti (ammanettamento, in piedi per un tempo prolungato, ecc.).

Il rapporto evidenzia le due principali rotte migratorie: quella dell’Africa occidentale, che passa attraverso il deserto del Niger e la Libia; e la rotta dell’Africa orientale, dall’Eritrea e dall’Etiopia attraverso il Sudan e la Libia. Il viaggio dura in media 16 mesi, con una permanenza di circa 5 mesi in Libia e un costo medio che varia dai mille ai 3.600 euro. L’ultimo tratto del viaggio è l’attraversamento del Mediterraneo a bordo di imbarcazioni gestite dai trafficanti.

Dall’analisi delle storie individuali, risulta evidente che la tradizionale distinzione tra rifugiati e migranti economici sembra essere più un concetto astratto che uno strumento in grado di comprendere adeguatamente una realtà così complessa. “E’ indubbio, ad esempio, che i richiedenti asilo provenienti dall’Africa occidentale partono in cerca di una vita migliore, ma allo stesso tempo la gran parte di loro – allo stesso modo degli Eritrei che fuggono da una dittatura brutale – è in fuga da una moltitudine di drammatiche circostanze che rappresentano spesso una minaccia per la stessa vita”, sottolinea il rapporto, rimarcando che “indipendentemente dal paese di origine, molti di loro devono dunque essere senza dubbio considerati migranti forzati”.

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