A Ginevra la voce dei profughi siriani

Ce l'aveva anticipato, alla fine di febbraio, quando nel campo profughi di Tel Abbas, nel nord del Libano, stava organizzando la partenza di alcune famiglie siriane per l'Italia con il primo corridoio umanitario promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, dalla Tavola valdese e dalla Comunità di Sant'Egidio. E nei giorni scorsi Alberto Capannini, fondatore dei Corpi di pace dell'Operazione Colomba all'interno della Comunità Papa Giovanni XXIII, era a Ginevra alla 32a sessione (13 giugno – 1 luglio) del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite, organo sussidiario dell’Assemblea Generale dell’ONU, per portare in quel consesso la voce dei profughi siriani. “Vorremmo portare qui alle Nazioni Unite di Ginevra – ha detto Capannini nel suo intervento – la voce e le richieste di queste persone, che non vengono mai ascoltate, che non hanno la forza delle armi dell’odio e del denaro, solo quella di appartenere al genere umano”.

Cosa chiedono i profughi che oggi fuggono da guerre e persecuzioni e cercano di raggiungere l’Europa? La prima richiesta è di fermare la guerra in Siria e di porre fine alla vendita di armi da parte delle potenze europee. Si chiede inoltre di creare delle Zone umanitarie sicure, per favorire il ritorno delle persone nei propri Paesi. L'ultima richiesta: aprire corridoi umanitari, quale alternativa sicura ai viaggi per mare, come sperimentato nei mesi scorsi. “Queste persone – aggiunge Capannini interpellato da radio Trentino inBlu – chiedono soltanto di poter vivere. Se non li ascoltiamo, ne va della nostra stessa umanità e della nostra capacità di parlare con chi è diverso da noi, di amare, di relazionarci”.

A Ginevra Capannini ha portato la testimonianza dei volontari di Operazione Colomba che hanno vissuto negli ultimi tre anni in un campo profughi di siriani scappati in Libano dalla distruzione della città di Homs, in Siria, nelle stesse tende di legno e plastica, nel freddo dell’inverno e nel caldo dell’estate. Ma soprattutto ha fatto risuonare le parole di un profugo siriano senza futuro e speranza in Libano, Abu Abdallah, “nostro vicino di tenda, scappato da Aleppo”: “La Siria è come una casa in fiamme circondata da tante persone e nessuno di loro fa niente per spegnere questo incendio. Tutto nella mia terra e nella mia città è stato distrutto: più di 250.000 morti e altrettanti sotto le macerie delle case distrutte ancora non stati trovati; 5 milioni di profughi fuori dai confini della Siria, più di 7 milioni di sfollati interni in Siria; centinaia di migliaia vivono in città assediate senza cibo e medicine. I siriani muoiono dentro ogni giorno di più. Le armi e gli aerei che vengono usati per bombardarci li avete forniti voi (come comunità internazionale) e voi avete permesso a Bashar di massacrarci. (…) Noi rifugiati siriani siamo di religione musulmana, ma siamo sempre stati abituati al valore delle differenze, siamo cresciuti accanto ai cristiani e agli ebrei, per noi non è un problema confrontarci con altre religioni e culture. Nel nome di valori che sono soltanto umani, vi chiediamo di aiutarci a spegnere questo incendio. Se non moriamo uccisi da un colpo di pistola moriamo comunque dentro; quelli che non muoiono internamente muoiono di fame e quelli che non muoiono di fame muoiono per mancanza di futuro e di speranza”. E concludeva: “Nel nome della libertà e della dignità umana vi chiediamo, se siete veramente dei popoli liberi, di aiutarci e sostenerci per ritornare in Siria”.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina