I giovani? Prendiamoli sul serio

“I tempi non sono più quelli di una volta, i figli non seguono più i genitori”: quante volte famiglie, educatori e insegnanti si sono sentiti ripetere queste espressioni contenute già in un papiro egizio del 3.000 a.C., quasi un invito a non drammatizzare quando emergono forti le difficoltà di comunicazione. Niente di nuovo, si dice spesso, eppure nessuno ha dubbi sul fatto che il rapporto giovani-religione, in particolare cattolica, sia cambiato nel giro di pochi decenni in maniera radicale.

Le reazioni a questo fenomeno sono diverse, come scrive Alessandro Castegnaro, presidente dell’Osservatorio Socio-Religioso del Triveneto (e autore di “C’è campo? Giovani, spiritualità, religione” Marcianum 2010) nella prefazione ad un testo della collana Edblog delle Dehoniane. Molti ritengono che il distacco non sia altro che l’ultima fase di quel processo inarrestabile di secolarizzazione che li ha resi chiusi al trascendente e incapaci di esperienza religiosa, oppure si può “con una buona dose di coraggio” accettare la sfida e optare per un’ipotesi diversa.

E' quella che propone Gilberto Borghi, 54 anni, docente di religione cattolica in una scuola superiore di Faenza, pedagogista clinico, formatore educativo e co-fondatore della Cooperativa Kaleidos (autore di “Un Dio inutile. I giovani e la fede nei post di un blog collettivo – VinoNuovo – che per le edizioni Dehoniane ha raggiunto la 3° edizione). Credere si manifesta sempre più come il desiderio profondo, più o meno cosciente, di un'esperienza diretta in grado di coinvolgere tutta la persona anche se in forme teologicamente poco elaborate e perlopiù incomprensibili da quanti vedono “dall'esterno”. Solo una contatto diretto e quotidiano con i giovani, ma soprattutto un'accoglienza incondizionata, possono rivelare un mondo inesplorato fatto di emozioni e sentimenti perché oggi credere per i giovani significa esperienza più che ragione o catechismo.

“Non sopporto quando un prete parla come un libro stampato, e non mi dice nulla di quello che vive davvero lui”, è la confessione di un ragazzo emblema del rifiuto di parole che non si lascino attraversare dalla vita vissuta, di una “dottrina” astratta che non raggiunga il cuore, ben prima della mente. “Se vogliamo dare un futuro alla fede, dobbiamo prendere sul serio i loro bisogni” conclude Borghi. Perché “il futuro della fede è ancora possibile”.

Gilberto Borghi, Un Dio fuori mercato. La fede al tempo di Facebook, EDBlog 2015 16,00 euro.

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