L’ambiente come responsabilità morale: 5 papi per il creato

Un piccolo saggio di poco più di 100 pagine, ma che si rivela un prezioso strumento per una consultazione rapida. Si tratta infatti – sembrerebbe incredibile, ma sintomatico di una colpevole mancanza attenzione anche da parte degli Editori, non solo delle comunità cristiane – dell'unica raccolta, se pure molto parziale, dei soli interventi di cinque Papi in materia di custodia del creato.

Se infatti la Libreria Editrice Vaticana aveva pubblicato ben due antologie di quanto pronunciato da Benedetto XVI – il Papa “verde” come lo definivano nel mondo anglosassone – uno sguardo attento come quello del curatore Giuliano Vigini ha saputo individuare le espressioni sulla necessità della cura dell'ambiente e, soprattutto, sulla inderogabile promozione della giustizia sul pianeta, contenute già nei documenti di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, molti dei quali citati anche nella Laudato si’ da papa Francesco.

Non si tratta di un puro e semplice rispetto della natura, quanto piuttosto di un rapporto più largo e profondo dell'uomo con Dio e con se stesso: è questo per il cristiano il significato di quella necessità di custodire la terra come necessità esistenziale e come responsabilità morale nei confronti della creazione, dono d'amore di Dio all'uomo. È questo che emerge, come sottolinea Vigini, dall'enciclica Mater et Magistra (1961) in qua, segno di un'attenzione della Chiesa che pochi anni dopo nella Gaudium et Spes puntava decisamente verso una destinazione universale dei beni.

“Esiste per la Chiesa la necessità di vigilare e insieme di spalancare davanti a tutti un nuovo orizzonte in cui la coscienza ecologica propriamente detta si saldi con la coscienza morale capace di correggere e orientare verso una giusta concezione dello sviluppo”. E qui si inserisce il discorso delle povertà e degli squilibri che ha trovato largo spazio nell'enciclica di papa Francesco, “un problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l'intera famiglia umana” aveva già scritto Paolo VI nell'Octogesima Adveniens (1971). “Si ritrova un nuovo limite del mercato: ci sono esigenze umane importanti che sfuggono alla sua logica” (Giovanni Paolo II, Centesimus Annus 40).

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