Il senso di una ricerca

Cinema, spiritualità e religione

La decisione personale di credere o di non credere in Dio dipende da quale immagini di Dio uno porta con sé e tale patrimonio di immagini (ma anche parole, concetti, narrazioni) diventa un cosa sola con la sua esperienza personale, o più precisamente è il contenuto figurativo di un'esperienza personale. Perciò immagini e immaginazione sono importanti. Lo sono nella nostra vita spirituale e nella nostra fede, a dispetto del tradizionale sospetto e ostilità della teologia nei loro confronti, specialmente nei riguardi dell'immaginazione, considerata come il regno dell'illusione e collegata al nostro desiderio da purificare o addirittura reprimere. In effetti, nonostante ciò che i teologi hanno detto per secoli, l'immaginazione gioca un ruolo decisivo nella nostra vita morale e spirituale, e questo è un punto che io ho cercato di evidenziare con la mia ricerca. L'importanza religiosa dell'immaginazione è anche la ragione per cui mi sono interessato agli studi di cinema come opportunità per una esplorazione e una trasformazione spirituale.(…)

(…) La “spiritualità” del cinema include vari aspetti, come la sua capacità di incoraggiare la nostra crescita culturale ed estetica, di coltivare la nostra sensibilità per i valori morali ed etici e, infine, di arricchire il nostro essere, la nostra umanità complessiva. Tutto ciò è legato alla religione? Per chi crede, sì, naturalmente, ma non necessariamente. (…)

È forse più saggio tenere assieme i due termini, religione e spiritualità, nella loro tensione e interdipendenza, così da spiegare perché il cinema è importante per noi e perché è un’opportunità per un rigoglio e una trasformazione umana. Un recente lavoro accademico su film e teologia, scritto da Jonathan Brant della Oxford University, riflette sulla possibilità di rivelazione insita nel vedere film. Curiosamente, il concetto di “rivelazione”, pur avendo una forte dimensione religiosa, può anche essere preso al di là di ogni legame con la religione come sinonimo di un’improvvisa acquisizione che conduce a un’auto-trasformazione. L’uso di questo concetto di rivelazione per spiegare cosa può accadere quando la gente va al cinema e guarda dei film è un buon modo per descrivere una vasta gamma di esperienze profonde e spirituali pur senza essere percepite come religiose.

Penso, quindi, che sia utile mantenere questa correlazione imprecisata, forse questa ambiguità, tra il religioso e lo spirituale. Non è un’alternativa, ma una necessità quando si ha a che fare con film di molte fedi differenti come avviene al Festival Religion Today. Qui la distinzione tra religione e spiritualità diventa vieppiù complicata, soggetta a differenti percezioni e interpretazioni da differenti osservatori a causa della loro origine e storia. Un esplicito riferimento religioso è al centro del progetto e dell’idea del Religion Today. I film che noi scegliamo per il nostro concorso attengono a riti, ruoli, dottrine, preghiere, celebrazioni e pratiche di specifiche tradizioni religiose. Ma noi siamo soprattutto interessati a come il cinema sia capace di manifestare l’essenza spirituale di tutti questi elementi religiosi. Per noi, lo spirituale deve essere inteso non tanto come un’amplificazione del religioso, quanto come un’intensificazione o una conferma della sua autenticità. (…)

Privilegiando il frammento vivido, il dettaglio e non l’intero, il cinema ci fa perdere l’illusione che le religioni siano sistemi monolitici, uniformi nel loro credo e nel modo di esprimerlo, e ci permette di cogliere la relazione dialettica, e a volte drammatica, esistente tra ogni gruppo religioso. In quanto arte del tempo, esprimendo l’idea della mutevole natura di ogni cosa, il cinema ci aiuta a capire meglio i movimenti, talvolta impercettibili, che animano le religioni nella nostra realtà presente, e ci invitano, se vogliamo, a riscoprire le implicazioni spirituali di questi cambiamenti.

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