La congiuntura non consente scorciatoie pericolose

E' una prospettiva sostenuta da alcune forze politiche, ma anche da autorevoli studiosi

Al Festival dell'economia di Trento il ministro Pier Carlo Padoan ha enunciato un principio semplice e chiaro: non esistono le scorciatoie, e chi le prende finisce male. Esempi: si può crescere domani, si può ridurre il debito domani, si possono incassare miliardi dalla vendita del patrimonio pubblico domani, eccetera. Pie illusioni, secondo il Ministro dell'economia e delle finanze.

Eppure buona parte dell’opinione pubblica, provata dalla crisi, si invaghisce delle scorciatoie. La più ammagliante, oggi, è veramente avventurosa: l’uscita dall’euro. Una prospettiva, evitata perfino dalla Grecia, che alcune forze politiche italiane sostengono, ma anche autorevoli studiosi. Fra questi il manipolo di aderenti alla MMT (Modern Monetary Theory) come lo statunitense Warren Mosler, che è stato anche ospite dell’Università di Trento. Questa teoria, di matrice keynesiana, ispira anche un nuovo film documentario, PIIGS, proiettato recentemente in un cinema cittadino. L’acronimo, che significa Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna, fa il verso al vocabolo inglese, pigs, maiali, rendendo chiaramente l’idea, molto anglosassone, che i Paesi più indebitati lo siano per colpa loro, per scarsa produttività ed eccesso di assistenzialismo. Uno dei tanti miti da sfatare. Secondo i seguaci della MMT l’uso della moneta in senso espansivo potrebbe dare una sferzata all’economia, senza il rischio di iperinflazione, perché nel sistema economico ci sono risorse inutilizzate (basti pensare ai disoccupati e alle case invendute) da mobilitare attraverso i consumi, rinvigoriti dalla spesa pubblica.

Ciò spiega, al di là delle ragioni di bandiera (quale la piena sovranità dello Stato), la serpeggiante voglia di ritorno alla moneta nazionale. La scorciatoia cui puntano i “sovranisti” è la monetizzazione del disavanzo, ossia la creazione di base monetaria per finanziare il deficit del bilancio dello Stato e poter così espandere la spesa pubblica senza aumentare le tasse: insomma, una pericolosa magia, che è stata espressamente vietata dal Trattato di Maastricht, probabilmente perché in passato se n’è fatto cattivo uso. Molti nostri lettori ricorderanno infatti, negli anni ’70-’80, il lungo periodo di coesistenza di una pesante stagnazione economica con un’inflazione a doppia cifra, da cui l’angosciante termine di stagflazione, che tanto ha afflitto il nostro Paese. Fu da allora che ci si affidò alla cura monetarista, ponendo in primo piano la lotta all’inflazione.

Alla base della questione c’è probabilmente anche la qualità della classe politica, troppo instabile e sempre meno amata dai cittadini per affidarle a cuor leggero una leva, come la moneta, che può dare effetti benefici nel breve periodo, ma nefasti nel lungo. Anche per questo, forse, i nostri politici più accorti hanno preferito imbavagliare la disinvoltura finanziaria dei governi con i rigidi vincoli di bilancio dell’Unione monetaria, come confessa l’ex premier Giuliano Amato nel film citato.

Al bravo ricercatore che ha coordinato il forum seguito alla proiezione del film ho detto: “Io però preferisco che la mia pensione me la paghino in euro, piuttosto che in lire”. Risposta: “Se l’alternativa è la lira, posso essere d’accordo con lei!”. Anche i sovranisti (seri) diffidano delle scorciatoie troppo ripide.

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