In Ciad, dove il cambiamento climatico è già realtà

I progetti di ACCRI, favoriti dai sacerdoti trentini, puntano a far crescere la capacità di autostentamento della popolazione

L’Accri, Associazione di Cooperazione Cristiana Internazionale, che partecipa al coordinamento provinciale trentino FArete, è presente da diversi anni in Ciad, nella parte sud-occidentale del Paese, con progetti di cooperazione realizzati in partenariato con il Belacd (Bureau d’Etude et de Liaison d’Actions Caritatives et de Developpement), l’ufficio Caritas della Diocesi di Pala ed in stretta collaborazione con i missionari delle parrocchie di Gagal e Keuni inviati dalla Diocesi di Trento.

In un’ottica di continuità, ma anche di rinnovamento e di attualizzazione dei progetti precedenti, quello in corso, intitolato “Sicurezza alimentare a Gagal Keunì” (2016 – 2019), ha la finalità di incrementare ulteriormente la capacità di auto-sostentamento degli abitanti della regione: nel Mayo Kebbi, infatti, molte famiglie faticano ancora a garantirsi un’alimentazione equilibrata e regolare per tutto il periodo dell’anno e il cambiamento climatico in corso non fa che aggravare la situazione. Questo innesca un processo di dipendenza dai commercianti che acquistano dai contadini i prodotti quando il prezzo è basso e li vendono, ma a prezzi più alti, agli stessi contadini nel periodo che precede la semina. A tale proposito così commenta don Costantino Malcotti, l’attuale missionario fidei donum trentino, parroco di Keuni: “Contrastare la forza dei commercianti, maggiori beneficiari del lavoro dei contadini, è sempre difficile. Oggi poi le guerre in Centrafrica ed il terrorismo nel nord della Nigeria bloccano i due maggiori mercati dei prodotti agricoli ciadiani, il cui prezzo è inferiore rispetto a quando sono arrivato in questo Paese 8 anni fa…” .

In risposta a queste difficoltà, le attività del progetto sono focalizzate sulle tecniche di fertilizzazione del suolo per aumentarne la produttività, sulla sperimentazione di nuove varietà di coltivazioni per diversificare i prodotti agricoli, sulle tecniche per la loro conservazione e stoccaggio. E’ altresì interessante notare che i responsabili dei corsi di formazione, necessari ai contadini per il raggiungimento di questi risultati, sono 3 esperti locali preparati ad hoc grazie al progetto: 2 tecnici agricoli ed un coordinatore generale.

Dal punto di vista organizzativo, i 3 tecnici hanno individuato 20 gruppi pilota di contatto (10 nell’area di Gagal e 10 in quella di Keunì), ciascuno composto da 5 famiglie di contadini: si tratta dunque di 100 nuclei familiari disposti a farsi promotori del cambiamento in un territorio caratterizzato dalla forte crescita della popolazione, ma esposto al rischio della desertificazione avanzante.

La recente visita di monitoraggio del progetto effettuata in Ciad da due volontari dell’ACCRI ha riportato risultati incoraggianti, innanzitutto rispetto all’interesse della comunità e all'impegno dei beneficiari e dei facilitatori locali nell'esecuzione delle varie attività. “Mi ha colpito il livello di partecipazione agli incontri programmati per fare il punto della situazione. A parte qualche eccezione vi erano sempre rappresentate le 5 famiglie appartenenti al gruppo di contatto costituito in ciascun villaggio” – racconta Adelmo Calliari – “La novità è stata la presenza dei capi villaggio e di molti curiosi “esterni” che, notando il miglioramento del raccolto nel campo del vicino, si aggregavano per avere informazioni in prima persona”.

Sono inoltre positivi i risultati ottenuti con la produzione e l’ applicazione del compost biologico che ha aumentato il raccolto in modo significativo. Dalle stesse famiglie è emersa la consapevolezza che l’utilizzo del compost ha migliorato notevolmente il raccolto, permettendo loro di superare i periodi di carestia e di rivendere i surplus. Grazie a questo qualche contadino dei gruppi di contatto è riuscito a comprarsi alcuni animali e in un villaggio si è costruito un magazzino per lo stoccaggio dei prodotti con la cassa comune. Ma non è tutto. “Tra le voci ascoltate durante la nostra permanenza” – dice Anna Valle – “ricordo con particolare piacere quella di alcune donne che ci hanno manifestato la loro felicità perché il miglioramento della sicurezza alimentare ha indotto dei miglioramenti anche all’interno della famiglia: più tranquillità e dialogo e meno litigi dovuti alla mancanza di scorte alimentari” .

Al termine del loro viaggio in Ciad, Anna e Adelmo, dell’equipe progetti di ACCRI, evidenziano anche alcuni traguardi ottenuti con l’introduzione di macchinari che hanno permesso di lavorare in loco certi prodotti (mais, arachidi, miglio) e di accrescere la filiera agricola. “Mi ha fatto piacere – scrive a proposito don Tino – che le famiglie del villaggio di Dolaw, che hanno seguito il progetto in questi 3 anni, abbiano espresso il bisogno di un mulino per fare la farina di miglio. Mi ha confermato che l’aiuto congiunto di ACCRI e del gruppo missionario di Storo per acquistarlo, ha colto una vera necessità”.

A livello zootecnico, sebbene alcuni medicinali non si possono acquistare per la mancanza di elettricità necessaria ad una adeguata conservazione, si è rilevato che gli allevatori prestano molta attenzione alle buone pratiche per evitare le malattie più comuni.

“Quello che non si cancellerà mai dalla mia testa – così Anna conclude i suoi appunti di viaggio – è il sorriso della gente quando capiva il mio sforzo a pronunciare delle parole nella loro lingua, il the ultra zuccherato, i mamba verdi, mangiare solo con la mano destra, il sapore delle minestre più buone del mondo, il gusto del ventricolo di gallo, dei bignè fritti e della pasta di arachidi. Sicuramente abbiamo colto di questo Paese tante contraddizioni e numerose difficoltà materiali, ma ad uno sguardo più attento, una volta che ci si rassegna ad abbandonare i ritmi occidentali e le numerose comodità, si coglie la bellezza di una condivisione genuina davanti ad una tazza di citronella”.

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