C’ è una data – il 12 dicembre 1925 – che di solito scivola via fra le pagine dei libri di storia, e che invece per il Tirolo austriaco e il Vorarlberg segna un punto di svolta. Quel giorno, con la nascita dell’Amministrazione apostolica di Innsbruck-Feldkirch, si aprì una stagione nuova per l’Austria occidentale. Non fu un atto eclatante, ma un atto che cambiò gli equilibri: per la prima volta questi territori venivano sottratti a Bressanone e dotati di una propria forma pastorale, pensata su misura per un contesto uscito frastornato dalla grande frattura della Prima guerra mondiale. Per andare alle radici di questa vicenda, occorre risalire più in alto, verso la montagna di Chiusa. Lì, sulle rocce di Sabiona, nacque tra il VI e l’XI secolo una delle più antiche diocesi alpine. Fu un faro per le valli delle Alpi centrali, prima legato al patriarcato di Aquileia, poi – dal 798 – parte dell’orbita salisburghese.
Da quel piccolo colle sacro si irradiò una cristianizzazione lenta e tenace, che avrebbe segnato il paesaggio umano delle valli al di qua e al di là del Brennero per secoli. Da Sabiona scese a valle, più tardi, la diocesi di Bressanone, cuore spirituale del vecchio Tirolo per quasi un millennio.
Ma la storia ecclesiastica delle Alpi non segue mai una sola direttrice: le aree meridionali, comprese Bolzano e Merano, guardarono a lungo (e lo fanno ancora) verso Trento, mentre le terre più occidentali (l’alta Venosta e, fino al 1818, anche Merano) risentirono della vicinanza della diocesi di Coira. Ne uscì un mosaico complesso, fatto di confini mobili, legami trasversali, identità in dialogo continuo. Il primo dopoguerra ruppe quell’equilibrio antico. La dissoluzione dell’Impero asburgico spezzò il Tirolo storico e costrinse la Chiesa a riorganizzare ciò che prima sembrava naturale. Non era più possibile governare da Bressanone territori rimasti in Austria.
Così, nel dicembre 1925, Roma istituì l’Amministrazione apostolica di Innsbruck-Feldkirch, affidandola a mons. Sigismund Waitz, a cui furono concessi pieni poteri episcopali, pur senza l’esistenza di una diocesi vera e propria. Fu, all’inizio, una soluzione provvisoria: un modo per garantire stabilità in un tempo che di stabile aveva ben poco e per non sbilanciarsi rispetto a futuri assetti politici che si sarebbero consolidati solo nel secondo Dopoguerra.
È vero che il concordato austriaco del 1933 prevedeva già la trasformazione in diocesi, ma si dovettero attendere gli anni Sessanta perché il progetto prendesse forma. Solo allora, nel 1964, l’Amministrazione apostolica divenne diocesi a tutti gli effetti. Nello stesso giorno – il 6 agosto – Bressanone compiva a sua volta una metamorfosi decisiva: unendo le zone altoatesine provenienti da Trento e trasferendo la sede e, successivamente, la curia a Bolzano, nasceva la diocesi di Bolzano-Bressanone, moderna erede della sede millenaria. Un progetto che fu opera soprattutto dell’indimenticato vescovo Joseph Gargitte.
Il quadro si completò quattro anni più tardi. Nel 1968, la diocesi di Innsbruck-Feldkirch si sdoppiò definitivamente, dando vita alle due circoscrizioni che oggi conosciamo: Innsbruck e Feldkirch, sorelle diverse, ma legate da una stessa storia.
Oggi, a un secolo esatto da quel dicembre del 1925, Innsbruck e Feldkirch tornano insieme, almeno per un giorno. L’8 dicembre, nel duomo di Innsbruck, una celebrazione solenne presieduta dal vescovo di Feldkirch Benno Elbs e animata dall’omelia del vescovo enipontano Hermann Glettler, ripercorrerà non solo l’inizio di un nuovo percorso pastorale, ma un intero arco di storia che dalle rupi di Sabiona arriva fino alle città vive dell’Austria occidentale.
La musica dei cori di Innsbruck, Feldkirch e Dornbirn accompagnerà la liturgia come un filo sonoro che intreccia luoghi, epoche e comunità. Perché questo centenario non è semplicemente una ricorrenza ecclesiale: è l’occasione per riconoscere, dentro una storia che sa di montagna e di confine, quel legame profondo tra fede, cultura e identità alpina che continua, ostinatamente, a tenere unite queste valli”.