Quando andò in onda la prima puntata, il 7 novembre 1988, c’era ancora il Muro di Berlino e i “Vospos”, con il fucile in spalla e i cani pronti ad essere liberati dal guinzaglio, controllavano la linea di confine tra Est e Ovest, una frontiera invalicabile. L’anno seguente, tutto sarebbe crollato: il muro e l’intera “cortina di ferro” che per decenni aveva diviso in due l’Europa. A Roma, a Palazzo Chigi, il governo era presieduto da Ciriaco De Mita, vicepresidente era il socialista Gianni De Michelis; Giulio Andreotti era ministro degli esteri, Antonio Gava ministro degli interni e Amintore Fanfani responsabile del dicastero del bilancio; ministro per i rapporti con il Parlamento, un Sergio Mattarella alle sue prime esperienze di governo.
Era un lunedì, quel 7 novembre 1988, e dagli studi di Antennatre di Legnano andò in onda la prima puntata di Striscia la Notizia, una trasmissione che avrebbe fatto la storia della televisione italiana, modificandone (non sempre in meglio) il linguaggio e lo stile, sino a cambiarne gli stessi orari. A condurre quella prima puntata – trasmessa su Italia Uno, la “rete giovane” dell’azienda televisiva di Silvio Berlusconi, furono due comici già conosciuti al grande pubblico per la loro partecipazione al varietà “Drive In”. Uno era Gianfranco D’Angelo, che sarà presente solo nella prima edizione, l’altro era Ezio Greggio, destinato a diventare il volto storico della trasmissione.
Incentrato prevalentemente sulla satira politica, il programma nelle trenta puntate dell’anno dell’esordio venne seguito ogni sera da una media di quattro milioni di ascoltatori. A dicembre dell’anno successivo, il programma di Antonio Ricci passa su Canale 5 (in onda alle 20.20 con una durata di dieci minuti). Per la Fininvest, una sorta di gallina dalle uova d’oro: indici di ascolto sempre più alti, raccolta pubblicitaria in continua crescita, incassi sorprendenti.
“Striscia” cambia il modo di fare televisione e, pur essendo una trasmissione satirica, cambia anche il modo di fare giornalismo in televisione. Il Gabibbo diventa espressione di un giornalismo d’inchiesta e di denuncia che parte dalle segnalazioni degli spettatori; la consegna del Tapiro legittima gli appostamenti e gli inseguimenti delle persone per ottenere una risposta anche quando gli interlocutori non vogliono parlare e magari si trovano fuori del loro ambito professionale; la pubblicazione dei “fuori onda” (ciò che si dice in studio quando non c’è la diretta, dimenticando però che le telecamere non sono mai spente e tutto viene registrato) assume una rilevanza che va bel al di là della satira: da quelli di Emilio Fede, direttore del Tg4, al dialogo (negli anni Novanta) tra Tajani e Buttiglione che rischia di mettere in crisi il primo governo Berlusconi. Sino ai fuori onda di Andrea Giambruno: una serie di filmati che mostravano il giornalista e allora compagno di Giorgia Meloni (Presidente del Consiglio) mentre faceva commenti volgari e battute a sfondo sessuale con colleghe e collaboratori. Una vicenda che ha avuto un impatto mediatico enorme e ha portato alla fine della relazione tra Giambruno e Meloni.
Dal debutto nel 1988, Striscia la Notizia ha gradualmente ampliato la propria durata, passando dai circa sette minuti iniziali a un’ora di trasmissione. L’estensione non è stata solo una scelta editoriale: ha permesso a Mediaset di inserire un numero crescente di spazi pubblicitari, aumentando così gli introiti. Con l’allargamento della fascia oraria, la seconda serata è slittata stabilmente alle 22, modificando l’intero palinsesto serale. Il programma satirico ha sfruttato la sua popolarità per occupare uno spazio sempre più rilevante, diventando un pilastro dell’“access prime time”. Un processo di allungamento dei tempi del programma che ha sollevato nel tempo numerose critiche riguardo all’eccessiva presenza di spot. Clamorosa fu l’iniziativa di Greggio e Iacchetti che il 13 gennaio 1998, per protestare contro l’eccessiva quantità di pubblicità mandata in onda da Mediaset prima del loro programma, fecero iniziare e finire la puntata di Striscia la Notizia in pochissimi secondi, abbandonando poi lo studio. Una puntata durata appena 35 secondi, ma che non ha cambiato la dinamica spot-durata del programma. Il pubblico, infatti, ha continuato a premiare la trasmissione con ascolti crescenti: il record di ascolti – quasi 14 milioni di spettatori – fu registrato il 23 settembre 2002.
Per Mediaset è stato un modello di successo economico e televisivo, caso emblematico di come la logica commerciale possa ridefinire i tempi della tv. Per 37 anni è stata appuntamento serale per milioni di spettatori per un totale di quasi 8 mila (7.965, per la precisione) puntate. Striscia la Notizia da quest’anno è diventata settimanale. Cosa ben diversa dall’appuntamento quotidiano di un tg satirico che non conosceva rivali. Cresciuta con il vento in poppa dell’Auditel e degli share, è rimasta vittima dello stesso meccanismo, con i dati precipitati lo scorso anno nel giro di pochi mesi. I pacchi di “Affari tuoi” affidati a Demartino hanno costantemente doppiato l’ascolto di Striscia. Canale 5 è dunque corsa ai ripari scommettendo tutto sulla Ruota della fortuna di Gerry Scotti. Una tenaglia che non ha lasciato spazio al programma di Antonio Ricci che passerà alla “prima serata” che però, per colpa di Striscia la Notizia, non inizia mai prima delle 22.00. Insomma, non proprio una promozione.