Un uomo vive in un luogo abbandonato, l’ex scuderia di Villa Guelfi, nella campagna toscana. Come un eremita moderno, rifiuta ogni contatto sociale, una solitudine voluta ma infranta dall’arrivo di un gruppo di giovani neolaureati agronomi ed enologi, che si stabiliscono lì abusivamente per “provare a fare il miracolo”: coltivare i vigneti della villa e produrre vino per tutta la comunità. Una terra, se curata, può rinascere e dare buoni frutti, e vale anche per Adriano, il misterioso abitante.
In “Cinque secondi” (Italia, 2025), film presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, scritto con Francesco Bruni e il fratello Carlo, il pluripremiato regista toscano Paolo Virzì narra storie che provano a “salvarsi” a vicenda, seguendo l’andamento delle stagioni e il progressivo “risveglio” dello scontroso protagonista. Adriano (Valerio Mastandrea) è infastidito dai canti dei giovani e dalla loro presenza, ma questa ventata di energia – evidenziata da brani composti appositamente da Carlo Virzì come “Vento” – saprà scardinare le sue resistenze.
Mentre il rapporto si trasforma in alleanza, il regista svela in un efficace percorso a ritroso il motivo dell’autoreclusione, seguendo l’uomo durante il processo in cui è imputato, sollecitato a presentarsi in tribunale da Giuliana (Valeria Bruni Tedeschi), collega del prestigioso studio legale che lui ha lasciato. Un’imperdonabile distrazione di Adriano, avvocato di successo e padre degli adolescenti Elena (Caterina Rugghia al suo esordio in un ruolo delicato) e Matteo, di cui ha l’affidamento condiviso con la ex moglie Letizia (Ilaria Spada), è sfociata in una tragedia che lo ha segnato.
Il dolore viene però alleviato dall’entusiasmo del gruppo di viticoltori guidato dalla ribelle contessina Matilde (Galatea Bellugi) – da bambina lavorava la vigna con il nonno Conte Guelfo Guelfi -, che insieme alla terra coltivano la fiducia nel futuro, simboleggiata anche dalla gravidanza della giovane, verso la quale l’uomo ha attenzioni paterne di tenerezza e protezione.
Tra sguardi e parole pesate, Valerio Mastandrea interpreta con umanità un padre cinquantenne che si scopre imperfetto e non all’altezza dei bisogni speciali della figlia disabile, un padre controvento che le ha fatto sperimentare momenti di gioia e normalità, ma l’ha esposta a troppi rischi e ha fallito, come conferma il silenzio del figlio ai suoi messaggi quotidiani. Anche Matilde e Giuliana custodiscono segreti dolorosi, cercando di affrontare la realtà in modo propositivo.
Tra senso di colpa e cura, morte e vita, Virzì lascia in sospeso una domanda che rimanda ad un tema spinoso – cinque secondi sono sufficienti a evitare che il rischio diventi fatale o l’esitazione di Adriano è una conseguenza di quanto Elena aveva rivelato al padre? -, ma apre alla speranza mentre l’uomo, dopo aver aiutato Matilde a partorire, guida verso l’alba.