Riceviamo e pubblichiamo
Sono trascorsi quasi 41 anni, era esattamente l’8 gennaio 1985, quando dopo una fase preparatoria durata un paio di anni, invitai nel mio ufficio alcuni amici particolarmente sensibili ai problemi dei popoli dei paesi impoveriti ed alcuni presidenti di gruppi che, nelle varie valli del Trentino, erano impegnati su progetti a favore dei paesi impoveriti, al fine di costituire l’ACAV, che sarebbe stata per decenni l’unica ONG del Trentino-Alto Adige. Obiettivo era quello di passare dall’improvvisazione e dagli interventi saltuari ad una progettualità nel sostenere sia progetti di emergenza che di sviluppo nei paesi impoveriti, particolarmente nell’Africa subsahariana, operando da subito “con loro e non per loro”. Erano presenti fra gli altri Luigino Rella presidente del gruppo missionario folgaretano, che venne nominato vicepresidente come spalla del sottoscritto che ne divenne il primo presidente. Ma c’erano anche Faustino Pedretti, storico presidente del gruppo missionario di Carisolo, e don Graziano Bonenti, grande trascinatore del gruppo. Arrigo Colpi presidente del gruppo missionario di Madonna Bianca, Fernanda Turella presidente del gruppo di Isera. Ma erano presenti anche Saverio Tovazzi di Volano, che da diversi anni era impegnato in Tanzania al fianco di un grande missionario trentino del Primiero, padre Cesare, Luciano Azzolini allora deputato che ci garantiva i contatti con il Ministero degli Esteri, Ferruccio Pisoni eurodeputato prezioso a Bruxelles per i primi contatti con la CEE per ottenere finanziamenti di progetti, l’avvocato Andrea Di Francia, prezioso per adeguare lo statuto alla normativa nazionale, e il notaio Vincenzo Ferrara che ci regalò tutta la registrazione come ente di diritto privato. Alla presidenza, che conservai per 15 anni, venni nominato io.
Le prime missioni in Africa
I primi contatti con l’Uganda, grazie a Rella e al dottor Carlo Spagnolli che divenne subito grande sostenitore di ACAV. Pochi mesi dopo la costituzione arrivò a Folgaria con il giovane vescovo di Arua nel West Nile ugandese mons. Federico Drandua che ci disse chiaramente che se volevamo fare progetti in Uganda la prima cosa da fare era quella di fare visita a quelle terre, conoscere le persone e i loro problemi reali. Fu così che organizzammo con Rella la prima di 63 missioni nel cuore dell’Africa nera. Fin da quella prima missione mi resi conto quanto fosse importante “lavorare con loro e non per loro”. Questo è diventato il nostro modello di affrontare i problemi africani a costo di spendere molto più tempo nell’opera di coinvolgimento. Un viaggio il primo, durato 26 giorni dal quale scaturirono nuove idee. Io per professione mi occupavo di sviluppo agricolo e pensavo di fare progetti in quel settore, ma i medici del Cuamm già presenti in quell’area, ci dissero che per ogni persona che muore di fame almeno cento muoiono per la mancanza d’acqua o per la cattiva qualità dell’acqua consumata. Fu così che ci convertimmo, grazie a molti amici – cominciando dal grande rabdomante ed esperto di perforazione Richard Hörwarter -, a perforare pozzi che divennero per i vent’anni che sono stato in ACAV, l’attività principale sia in Uganda che in Mozambico, dove abbiamo dato acqua auna città grande come Trento con 72 fontanili, e nella Repubblica Democratica del Congo.
I pozzi perforati
Oltre 2500 i pozzi perforati e/o riabilitati, più le fontane di Pemba, dando acqua potabile, cioè speranza di vita a non meno di tre milioni di persone; e se acqua vuol dire vita a quella latitudine, possiamo dire di aver salvato la vita a molte persone, considerato che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in Africa l’85% delle malattie, spesso mortali, è causato dalla cattiva qualità dell’acqua consumata. Ma non solo pozzi: decine i progetti nel settore della formazione professionale agricola ed artigianale, una decina anche i progetti di emergenza nel nord del paese, dove erano arrivati migliaia di rifugiati dalla Repubblica Democratica del Congo.
Un centro di formazione venne finanziato dalla famiglia Zobele con il compianto Luigi ed Enrico e costruito ad Arua. L’investimento maggiore è stato a favore delle donne, con moltissimi corsi di formazione sia nell’artigianato che in agricoltura. Non possiamo dimenticare il piccolo istituto agrario (modello, quello di San Michele all’Adige), finanziato dalla famiglia Lunelli con Gino e signora, Franco e signora che vennero all’inaugurazione dell’istituto al quale fu dato il nome del padre, dal quale è partito il riscatto di centinaia di donne e di giovani. Non dimentichiamo il grande supporto dei privati trentini, del Gruppo Poli e del Gruppo Paterno (Eurobrico). Abbiamo così inteso ricostruire con meticolosità quello che fu un grande periodo di solidarietà del Trentino, a completamento di quanto scritto su questo giornale in occasione dell’anniversario dell’associazione