Inizio anno, tempo di auguri e di buoni propositi. E se “rispetto” è stata la parola scelta dalla Treccani per il 2024 (“per la sua estrema attualità e rilevanza sociale”), potrebbe essere anche la parola chiave nel 2025 per cambiare il nostro modo di utilizzare il telefonino. Lo smartphone tra pochi giorni compirà diciotto anni: prima non c’era (il primo iPhone è stato presentato il 9 gennaio 2007) e oggi ci pare inverosimile che si possa vivere senza questo apparecchio che ci accompagna in ogni luogo e in ogni momento.
Dello smartphone conosciamo le opportunità e i limiti. Ci siamo però dimenticati che anche per l’uso del “telefonino” dovrebbe esserci un minimo di buona creanza, un rispetto di norme comportamentali che sono alla base della buona educazione. Insomma, manca un Galateo per definire ciò che è opportuno (e ciò che è sconveniente) nella nostra vita digitale. Potremmo iniziare da dieci piccole regole di buon senso, di semplice “rispetto” per gli altri.
1) Facciamo attenzione agli orari. Non solo per telefonare, ma anche quando si manda un messaggio WhatsApp o una mail. “Mando adesso, tanto leggerà quando si sveglia”, si dice. Ma si corre il rischio di svegliare comunque l’interlocutore e in ogni caso lo si obbliga a leggere il tuo messaggio appena sveglio. Cosa non sempre gradita. Buona creanza vorrebbe venisse rispettata una “fascia del silenzio” dalle 21 alle 8 del mattino (che può essere ridotta dalle 22 alle 7 in caso di grande confidenza). Il resto dovrebbe essere solo per le emergenze.
2) Se chiamo una persona sul telefonino e non mi risponde, è inutile riprovare cinque minuti dopo. E dopo altri dieci. Se non c’è risposta, significa che l’interlocutore sta lavorando o è comunque occupato. Inutile e da maleducati insistere. Avrà comunque la possibilità di vedere la mia chiamata.
3) Nei messaggi WhatsApp, meglio essere concisi: un messaggio, per l’appunto. Quando il testo supera le quattro righe (sullo schermo dello smartphone) diventa verboso e ottiene il duplice risultato di infastidire l’interlocutore e di non venire nemmeno letto. Attenzione anche alle ironie: bisogna saperle fare e non è mai scontato che l’altra parte, leggendo distrattamente (come succede il più delle volte), riesca a comprenderle. Le faccine sorridenti possono servire, ma non sempre sono utili.
4) Nelle chat di gruppo, non è necessario intervenire sempre. A volte si fa più bella figura standosene zitti o prendendosi del tempo per riflettere. Le risposte d’impulso, senza prima aver connesso il cervello allo smartphone, portano a beghe e rotture di amicizie.
5) Limitare allo strettissimo necessario l’uso dei messaggi vocali. Sono semplicemente fastidiosi, anche quelli meno logorroici. Una telefonata è molto più rapida e consente il dialogo. “È per non disturbarti, così ascolti quando vuoi”, ci si scusa. Se non si vuol disturbare, basta scrivere un breve testo. Uno sforzo che denota almeno un minimo di attenzione.
6) Non inserire mai una persona in una chat di gruppo senza il suo consenso. Lo si obbliga all’imbarazzo del “chiamarsi fuori” o ad essere partecipe di dialoghi che proprio non lo interessano. Senza contare la violazione della privacy per il numero telefonico reso pubblico a tutti.
7) Non inviare link di testi o di video troppo lunghi. “Guarda che bello”, “Ti può sicuramente interessare”… Anche no! Non si può obbligare gli altri a vedersi un’ora di registrazione o leggersi una pubblicazione di dieci pagine. Oltretutto, non lo faranno mai.
8) Non mandare mai – grazie alla comoda funzione “inoltro” – video, foto e testi senza specificarne l’autore e la fonte. L’inoltro senza indicazioni rischia di rendere incomprensibile e fuori contesto l’intero messaggio.
9) Non mandare mai ad una terza persona lo screenshot (la fotografia di ciò che appare sullo schermo) di una chat. Non è corretto nei confronti di chi ha scritto il messaggio (che viene divulgato a sua insaputa). Si rischia inoltre di perdere credibilità. Se una persona mi inoltra lo screenshot di un suo dialogo, magari potrà fare la stessa cosa con ciò che scrivo io.
10) Evitiamo, infine, di mandare messaggi in continuazione a chi non ci risponde. Vuol dire che le mie comunicazioni non gli interessano ed è inutile insistere. Non è certo una forma di stalking (almeno entro certi limiti), ma si rischia comunque di essere fastidiosi.