Un “lucido viaggio tra colpa, perdono e redenzione”. Con questa motivazione, il film “Elisa” (Italia-Svizzera, 2025) diretto da Leonardo Di Costanzo, anche co-sceneggiatore, e presentato in anteprima mondiale all’82ª Mostra del Cinema di Venezia, ha vinto il premio internazionale cattolico Signis, assegnato per il suo messaggio universale e per il coraggio nel riconoscere la presenza di un lato oscuro che alberga in ogni essere umano.
Per la prima volta in Concorso, il regista ha portato sul grande schermo un intenso dramma psicologico tratto da una storia vera, con la straordinaria interpretazione di Barbara Ronchi nei panni della protagonista, liberamente ispirata agli studi dei criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali, autori del saggio “Io volevo ucciderla” (Raffaello Cortina, 2022), e prosegue il discorso iniziato con “Ariaferma” (2021), vincitore di due David di Donatello nel 2022 e insignito film dell’anno dalla critica (SNCCI). Sulla vita di Elisa, trentacinquenne di famiglia benestante in carcere da dieci anni per l’omicidio della sorella maggiore, pesano la gravità di un delitto commesso senza apparente motivo e la rimozione conseguente al trauma.
Elisa non ricorda nulla, ma con l’aiuto del criminologo Alaoui (Roschdy Zem) e grazie all’amore incondizionato del padre (Diego Ribon), inizia un doloroso percorso in cui i ricordi iniziano a prendere forma, consentendo il primo passo di una possibile redenzione. “Elisa è un personaggio di cui percepiamo la sofferenza – dice il regista -, ma anche la freddezza e la capacità avuta nel manipolare le persone a lei vicine”. “Il mio personaggio sentiva solo il bisogno di parlare di sé come se non lo avesse mai fatto prima da anni. Scopre poi che il senso di colpa da sentimento passivo può diventare attivo”, ha dichiarato Ronchi, affiancata da Valeria Golino nel ruolo di Laura, una donna che ha perso un figlio, ucciso in una rissa, e rappresenta le ragioni delle vittime.
Il viaggio interiore di Elisa è quello di chi si libera affrontando il trauma, come è successo al buon ladrone che aspira alla salvezza anche se sa di non averne diritto a differenza dell’uomo innocente crocifisso al suo fianco. Ma nella consapevolezza del male compiuto sta la possibilità di un cammino di autocomprensione e di cambiamento, mentre per chi indaga, psichiatri e criminologi, può aprirsi lo spazio per una giustizia realmente riparativa. Con “una regia solida e accurata, attenta a cogliere le sfumature interiori della protagonista, di tutti i personaggi in campo” (valutazione Cei), quello di Leonardo Di Costanzo è un cinema che fa nascere domande, considerando il personaggio soprattutto come un essere umano da recuperare: “Nel momento in cui riesce ad affrontare la sua colpa – si legge nella motivazione del premio – trova la via per abbracciare il perdono e la possibilità di redenzione. La verità la rende libera”.