Il cardinale Nicolò Cusano portato come esempio di umiltà da Leone XIV

Un vescovo di Bressanone al centro della catechesi del Papa. Piazza San Pietro, sabato 25 ottobre. Il vescovo portato a esempio è Nicolò Cusano. Leone lo definisce “un cardinale ancora oggi poco conosciuto… un grande pensatore e servitore dell’unità”. Cusano “ci può insegnare che sperare è anche ‘non sapere’”.

Citando san Paolo, il Papa ricorda: “Ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? (Rm 8,24)”. Cusano, nei suoi anni, non poteva vedere “l’unità della Chiesa, scossa da correnti opposte e divisa fra Oriente e Occidente”. Non poteva vedere “la pace nel mondo e fra le religioni”. Eppure, mentre operava al servizio della Chiesa come diplomatico, “pregava e pensava. Per questo i suoi scritti sono pieni di luce”.  

Cusano conobbe un mondo avvolto da conflitti irrisolti: “Molti suoi contemporanei vivevano di paura; altri si armavano preparando nuove crociate”. Lui, invece, “scelse fin da giovane di frequentare chi aveva speranza, chi approfondiva discipline nuove, chi rileggeva i classici e tornava alle fonti”. Egli “credeva nell’umanità”. Comprendeva che “ci sono opposti da tenere insieme, che Dio è un mistero in cui ciò che è in tensione trova unità”. Leone richiama un altro concetto chiave: la “dotta ignoranza”, definita “segno di intelligenza”. In alcuni scritti di Cusano appare il personaggio dell’“idiota”, “una persona semplice, che non ha studiato e pone ai dotti domande elementari, che mettono in crisi le loro certezze”.  

Riflettendo sul presente, il Papa si chiede: “Quante domande mettono in crisi il nostro insegnamento! Domande dei giovani, domande dei poveri, domande delle donne, domande di chi è stato messo in silenzio o condannato, perché diverso dalla maggioranza”. Infine, dunque: “La Chiesa diventa esperta di umanità, se cammina con l’umanità e ha nel cuore l’eco delle sue domande”.  

Il cardinale Nicolò Cusano (1401-1464), tra le menti più originali del Quattrocento europeo, legò una parte decisiva della propria vita alla diocesi di Bressanone, allora uno dei centri più trafficati delle Alpi. Cusano significa “di Cusa” (Kues), la sua località di nascita, nella diocesi di Treviri. Filosofo, teologo e diplomatico al servizio della Santa Sede, fu nominato vescovo di Bressanone da papa Niccolò V nel 1450, con il compito di riorganizzare un territorio segnato da tensioni tra potere spirituale e dominio secolare.  

La diocesi si sovrapponeva a un principato ecclesiastico esteso su ampie aree del Tirolo, dove l’autorità dei conti, in particolare del duca Sigismondo d’Austria detto “il Ricco”, contrastava apertamente con quella vescovile. Fin dal suo arrivo, Cusano cercò di riaffermare i diritti del vescovo come principe del Sacro Romano Impero, avviando riforme amministrative e morali del clero e promuovendo una maggiore disciplina religiosa nei monasteri.  

Uomo di profonda spiritualità, ma anche di rigorosa logica, Cusano intendeva Bressanone come un laboratorio della sua idea di Chiesa: un organismo unito, razionale e fedele a Roma. Tuttavia, il suo zelo riformatore e la ferma difesa delle legittime autorità lo portarono allo scontro con i sistemi di potere locali. Tra il 1457 e il 1460 il conflitto con il duca Sigismondo degenerò in un vero confronto politico e militare: Cusano venne assediato nel castello di Brunico, costretto infine alla fuga e privato di fatto del controllo della diocesi.  

Nonostante l’amarezza dell’esilio, il cardinale non interruppe mai il legame con Bressanone. Continuò a occuparsi della gestione dei beni diocesani e lasciò testimonianze concrete della sua azione: promosse il restauro di chiese e pievi, sostenne l’educazione del clero e fece portare nella cattedrale preziosi manoscritti e oggetti liturgici, oggi parte del patrimonio storico della diocesi. Una curiosità poco nota è che durante il suo soggiorno tirolese elaborò parte delle riflessioni che confluirono nel De visione Dei, una delle opere più alte della mistica speculativa, ispirata — secondo alcuni studiosi — alla contemplazione dei paesaggi montani e al silenzio dei monasteri alpini.  

A Nicolò Cusano è dedicata l’Accademia di Bressanone. L’istituto diocesano per la Pace, la giustizia e la salvaguardia del creato della città vescovile porta il nome di una delle opere più profonde e attuali di Nicolò Cusano, scritta all’indomani della caduta di Costantinopoli, evento che sconvolse la cristianità: il De pace fidei (1453). In questo dialogo visionario, il cardinale immagina che, turbati dalle guerre di religione, uomini di diverse fedi siano convocati in cielo da Dio per comprendere che, pur nella varietà dei riti e delle tradizioni esiste una sola verità divina. Cusano propone così una forma di tolleranza ante litteram: le religioni sono vie differenti che conducono a un unico principio di fede, la ricerca del vero e dell’Uno.  

L’opera riflette il suo ideale di armonia tra ragione e religione, e anticipa temi di dialogo interreligioso e di pace universale che diverranno centrali solo molti secoli dopo. Il De pace fidei resta un manifesto di speranza e comprensione reciproca nel cuore di un’epoca segnata da conflitti spirituali e politici. Come la nostra. 

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