Il ciclone Trump e un futuro senza regole

Tra i primi “Executive Orders” firmati dal nuovo presidente, quello per rimuovere le barriere alla leadership americana nell’Intelligenza Artificiale © foto Fb/The White House

“Nulla sarà più come prima”, si dice in questi casi. In effetti, l’avvio della seconda presidenza Trump assomiglia più ad un ciclone che non ad un normale avvicendamento alla guida dell’amministrazione americana. Dalla brutalità sui migranti al ripristino della pena di morte, dall’uscita dall’Organizzazione mondiale della sanità alle scelte sull’ambiente, tutto sembra indicare un cambio culturale, prima ancora che politico. A farne le spese, dicono i vescovi cattolici americani, saranno soprattutto “i più vulnerabili tra noi”, i più deboli, gli ultimi, quelli che Francesco mette sempre al primo posto per combattere quella che definisce “la cultura dello scarto”.

Due visioni diverse, quasi opposte. A cominciare dalla questione dello sviluppo delle tecnologie, del loro utilizzo, della necessità – continuamente ribadita dal Pontefice – di arrivare ad una regolamentazione, alla condivisione di norme comuni. Una questione che papa Bergoglio negli ultimi mesi ha continuato ad evidenziare, manifestando una crescente preoccupazione: dal messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2024, al discorso davanti ai leader del G7 lo scorso giugno in Puglia. Sino al documento inviato nei giorni scorsi al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, che ha visto, tra gli altri, anche l’intervento di Donald Trump.

“Per gestire le complessità dell’Intelligenza artificiale – ha scritto papa Francesco – i governi e le aziende devono esercitare la dovuta diligenza e vigilanza. Devono valutare in modo critico le singole applicazioni dell’IA in particolari contesti al fine di determinare se l’uso della stessa promuove la dignità umana, la vocazione della persona umana e il bene comune”.

Una richiesta di regole, di controlli, di verifiche, che sembra l’esatto contrario di quanto annunciato dal Presidente americano secondo il quale, invece, chi opera nel mondo della ricerca e delle applicazioni deve essere lasciato libero perché questa – dice – è la strada che garantisce sviluppo e benefici per tutti. “Solo gli imprenditori – aveva spiegato lo scorso 20 dicembre – sanno cosa c’è nella salsiccia: come funzionano i sistemi tecnici complessi. Per questo gli industriali sono i più adatti a fissare le regole per la tecnologia.”

La logica del Far West, insomma, dove i più forti, i più intraprendenti e quelli senza scrupoli hanno il diritto di imporre la propria legge. Per noi europei, il termine “Far West” assume un’accezione negativa; per Trump e per tanti americani è invece il ricordo della conquista dell’Ovest, dei territori dove i pionieri aprivano le strade per quella che sarebbe poi diventata la grande America. Così, i grandi protagonisti del mondo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale scommettono proprio sulla possibilità di essere i nuovi pionieri di un mondo dell’innovazione senza regole.

Non hanno mai accettato le limitazioni che la politica imponeva e lo scorso anno si sono scagliati contro l’Europa, la prima a introdurre una legge (l’“AI Act”, entrato in vigore lo scorso mese di agosto) che pone dei precisi vincoli agli sviluppatori dell’Intelligenza Artificiale. Nella medesima direzione andavano anche le linee guida approvate a fine mandato da Biden che, però, sono già state cancellate da uno dei primi ordini esecutivi di Trump: proprio ciò che chiedevano i colossi della potente oligarchia digitale.

Non a caso, una foto emblematica della cerimonia di giuramento del nuovo Presidente americano, li ritrae assieme, uno vicino all’altro. Soddisfatti, contenti. C’è Mark Zuckerberg, ovvero Meta (Facebook, Instagram, WhatsApp) che ha una capitalizzazione di 1.500 miliardi di dollari; c’è Jeff Bezos, ovvero Amazon (capitalizzazione di 1.800 miliardi); c’è Sundar Pichai, il nome meno conosciuto, ma non per questo meno importante degli altri: è l’uomo forte di Alphabet, il gruppo di Google, oltre 2 miliardi di capitalizzazione. Poi c’è lui, Elon Musk, che non ha certo bisogno di essere presentato. Tutti arrivati a Capitol Hill per rendere omaggio all’“amico Donald” da cui si aspettano una cosa sola: poter continuare a dominare i sistemi tecnologici e i processi dell’Intelligenza Artificiale.

L’esatto contrario di quanto auspica Francesco che, lo scorso 9 gennaio, nel suo intervento davanti a tutti gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede aveva scelto un linguaggio semplice, poco diplomatico, ed aveva rinnovato l’auspicio più volte ripetuto con grande preoccupazione: “A tale proposito, esorto la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’Intelligenza Artificiale nelle sue molteplici forme”. Esattamente la strada opposta a quella annunciata da Trump.

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