Disponibile dal 13 marzo sulla piattaforma Netflix, la miniserie televisiva britannica Adolescence è tra le più viste e discusse degli ultimi tempi.
In quattro puntate, ciascuna girata in un piano sequenza lungo circa un’ora, lo spettatore segue in prima linea gli eventi successivi ad un tragico fatto di cronaca: l’accoltellamento a morte, per mano di un coetaneo, della tredicenne Katie Leonard. Si parte dall’arresto del presunto colpevole, Jamie Miller, effettuato da un commando di polizia schierato militarmente all’alba del giorno successivo al delitto, si prosegue nel terzo giorno con le indagini presso la scuola frequentata dai due ragazzi. La terza puntata ci porta a sette mesi dopo ed è interamente dedicata al serrato e drammatico colloquio di Jamie con la psicologa che deve esprimersi sulla sua capacità di comprendere la situazione, mentre l’ultima si sofferma sulla famiglia del ragazzo, alla vigilia del processo, dopo 13 mesi dall’inizio del dramma.
Quattro quadri che la telecamera racconta in tempo reale, in un’unica ripresa senza interruzioni, immergendo nell’azione lo spettatore, quattro ore nella vita dei protagonisti che cercano di dare un perché ad una violenza apparentemente inspiegabile. Il ritmo serrato dell’inizio, che fa pensare ad un classico giallo, si spezza infatti ben presto di fronte ad una verità ineluttabile, che Jamie cerca di negare strenuamente, perfino a se stesso, e che trasforma il racconto in una lenta, dolorosa presa di coscienza.
Due mondi si confrontano: quello degli adolescenti, chiuso in una realtà sempre più virtuale che esaspera le contraddizioni di un’età di passaggio, e quello degli adulti, in difficoltà nel trovare il modo di stabilire un contatto capace di superare la distanza intergenerazionale.
Adolescence punta il dito sulle sottoculture maschiliste e misogine veicolate dai social, evidenzia le fragilità sempre più marcate dei giovanissimi in una società che pone l’approvazione degli altri come massimo traguardo, ci ricorda quanto sia importante, e spesso non adeguatamente giocato, il ruolo di genitori, educatori e adulti di riferimento per la loro crescita.
Pensata per un pubblico adulto, la serie apre a molteplici spunti di riflessione, coinvolgendo profondamente lo spettatore grazie all’originale scelta di ripresa e alle straordinarie interpretazioni dei protagonisti, sopra a tutti Owen Cooper nella parte di Jamie, Stephen Graham in quella di suo padre Eddie ed Erin Doherty nei panni della psicologa Briony Ariston.