Un gelato per i diritti

La testimonianza di Ruth Fe Salditos, presidente della Fondazione Pftc per il commercio equo di Panay, nelle Filippine, storico partner di Mandacarù

“Let it go, let it go…”. Accenna solo qualche strofa della colonna sonora del disneyano “Frozen”, con bella voce da soprano, Ruth Fe Salditos. La presidente della Fondazione Pftc per il commercio equo di Panay, nelle Filippine, storico partner della cooperativa del commercio equo e solidale Mandacarù di Trento, si lascia trasportare dalla musica proveniente dal pianoforte collocato in vista del Festival dell’economia all’angolo tra via Oss Mazzurana e via delle Orne, di fronte alla gelateria Pingu, dove Beatrice De Blasi, di Mandacarù educazione, ci aspetta per l’intervista. “Mi piace cantare”, dice, declinando l’invito a consumare subito un bel gelato al gusto di Mascobado, lo zucchero prodotto dai contadini associati a Pftc. “E’ divertente come la distanza faccia sembrare tutto più piccolo”, recita il testo della canzone. Ma non c’è distanza che possa ridimensionare l'orrore vissuto negli ultimi quattro anni da chi è impegnato nella difesa e nella promozione dei diritti umani e attivo nelle reti della società civile filippina: violenze, sparizioni, omicidi. Fino all’assassinio, ancora senza colpevoli, di Romeo Capalla, presidente dei Pftc, come raccontato da Vita Trentina nel n. 38/2014. “Romeo era un collega, un amico…”, ci dirà poi Ruth Salditos, commuovendosi fino alle lacrime. E' a lei, battagliera fondatrice del Panay Fair Trade Center, che è toccato raccoglierne l’ingombrante eredità, come ha raccontato ai soci di Mandacarù riuniti in assemblea e come va testimoniando nel suo tour tra le realtà del commercio equo e solidale italiane ed europee. L’abbiamo intervistata prima della sua partecipazione a Milano Fair City (28-31 maggio 2015), l’evento più atteso della World Fair Trade Week che per la prima volta mette insieme 180 produttori del commercio equo, contadini e artigiani da 30 Paesi e 4 continenti.

“Come nutrire il pianeta?”, si interroga Expo 2015. Cosa significa dalla prospettiva dell'isola di Panay, delle Filippine?

“Per noi significa raccontare i benefici del commercio equo e solidale per i produttori del Sud del mondo. Per questo come organizzazioni del commercio equo abbiamo deciso di essere presenti a Milano a Expo 2015”.

Il commercio equo si basa su un rapporto paritario tra chi importa e vende e chi coltiva. E' cresciuta la consapevolezza nei produttori di PFTC?

“Noi abbiamo cominciato come organizzazione di donne, per informare sui diritti delle donne e per insegnare a rivendicarli. Nel commercio equo abbiamo visto un'opportunità per dare concretezza ad un lavoro che avevamo avviato fin dai tempi della dittatura di Marcos”.

Il mercato delle banane e dello zucchero è dominato dai grandi monopoli. Voi avete rotto meccanismi consolidati e questo ha dato fastidio. Tanto che avete pagato – e state pagando – un prezzo molto alto. Romeo Capalla, presidente di PFTC, è stato ucciso poco più di un anno fa. Com'è la situazione oggi?

“Ci siamo sempre posti l’obiettivo non solo di produrre, ma anche di rispondere ai bisogni primari delle persone. E non abbiamo mai perso di vista la prospettiva di aiutare le persone a risolvere i tanti problemi della vita quotidiana e di difenderne i diritti”.

Problemi come il diritto alla terra, il contrasto ai monopoli…

“Aggiungerei anche il controllo della politica interna delle Filippine da parte di governi esteri. Ed è proprio per questo che siamo minacciati. La nostra organizzazione è cresciuta in termini economici, ha acquisito maggiore importanza, e anche per questo il nostro attivismo sul fronte dei diritti è percepito come una minaccia”.

Anche in questo si misura il successo della vostra organizzazione?

“Sì, il nostro successo non si misura in quante tonnellate di zucchero all’anno riusciamo ad esportare all’estero. Si misura piuttosto nella capacità che abbiamo di far crescere le persone e di mobilitarle nella rivendicazione dei loro diritti”.

E' un'azione che non si esaurisce all'interno di PFTC…

“Noi operiamo per i diritti di tutti, per tutta la popolazione e per tutti i contadini, che altrimenti continuano ad essere esclusi, marginalizzati nella società filippina”.

Un impegno che è costato la vita al vostro presidente, Romeo Capalla.

“Romeo Capalla, trent’anni fa attivo all’interno dei gruppi che avevano preparato la rivolta contro la dittatura di Marcos, nel 1994 aveva aderito a PFTC per sostenere i contadini e le loro rivendicazioni”.

Lei conosceva bene Romeo Capalla?

“Abbiamo lavorato fianco a fianco, lui alla guida di PFTC, io come presidente della Fondazione per il commercio equo di Panay. Era un collega, un amico…”. (si interrompe, commossa, ndr).

Romeo Capalla è diventato una persona scomoda, un obiettivo da eliminare. Anche lei è minacciata, oggi.

“Sì, siamo minacciati dalle forze che non vogliono che la situazione nelle Filippine cambi. Ma non abbiamo scelta. Non possiamo fare commercio equo limitandoci a coltivare dei prodotti e a venderli. Il nostro lavoro è politico, operiamo per il cambiamento”.

Teme per la sua vita e per quella dei suoi collaboratori?

“Romeo era molto noto, era fratello di un vescovo. Se è stato colpito lui, immaginate cosa può accadere a noi che non abbiamo la visibilità che lui aveva. L’obiettivo dei militari è spaventarci, intrappolarci nella paura. Ma noi siamo consapevoli che stiamo facendo la cosa giusta, stiamo rispondendo ai bisogni delle persone, rivendicando i loro giusti diritti. Non dobbiamo avere paura, dobbiamo continuare nel nostro lavoro”.

Quando dice “militari” a chi si riferisce esattamente?

“Intendo le forze armate governative, ma anche le forze paramilitari, i servizi, i sedicenti gruppi rivoluzionari come l’RPA-ABB (Rivolutionary Proletarian Army), che si dicono rivoluzionari, ma in realtà sono usati. Il loro obiettivo è impedire che la gente rivendichi i propri diritti”.

La vera forza rivoluzionaria, lei dice, è il commercio equo. Come possiamo, da Trento, dall’Italia, sostenere il vostro impegno?

“Fate pressione sul governo filippino perché si fermino le uccisioni, le violazioni dei diritti umani. L’Italia ha molti interessi economici nelle Filippine. Fate pressione sul governo italiano perché chieda al governo filippino il rispetto dei diritti umani. L’Italia, l’Europa, il Giappone, che hanno interessi economici importanti, possono fare pressione sulle Filippine. Sarebbe un sostegno importante alla nostra azione per il rispetto dei diritti umani”.

Che altro?

“Sensibilizzare l'opinione pubblica in Italia, informare su quanto sta accadendo. Ciò ci consentirebbe di continuare il nostro lavoro per un commercio equo, per un mondo giusto”.

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